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Amnesty: «L'Italia deporta gli stranieri e si arricchisce con le armi»

red
Fonte: l'Unità - 25 maggio 2005


Deportazioni forzate, esportazioni di armi da guerra, vuoto legislativo sul tema dei maltrattamenti e torture: queste le colpe più gravi di cui si è macchiato il nostro paese nel 2004 secondo l'ultimo «Rapporto sullo stato dei diritti umani nel pianeta» presentato da Amnesty International. In particolare secondo Amnesty, l'Italia procede a «deportazioni verso l'Egitto e la Libia di centinaia di stranieri arrivati nella penisola via mare» e «aumenta del 16% (1.5 miliardi di euro) le autorizzazioni alle esportazioni di armi da guerra anche con paesi che sono in conflitto tra loro come India e Pakistan».
Per quanto riguarda la legislazione sulla tortura, il Parlamento nel 2004 ha perso un’occasione per colmare un vuoto normativo preoccupante. Nell’88, con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sull’argomento, il nostro paese si era impegnato ad approvare delle norme specifiche. Sono trascorsi 17 anni nella più assoluta inadempienza: 4 legislature, 13 governi, nessun passo avanti. Manca anche la ratifica del protocollo opzionale contenuto dalla Convenzione, che prevede precisi meccanismi di prevenzione degli atti di tortura.

Ma se deportazioni e commercio di armi sono le colpe più gravi, non sono le uniche. Secondo l’organizzazione internazionale che si occupa di diritti umani nel mondo il Bel Paese infatti è ancora indietro nella lotta alla tortura e non ha provveduto all'attuazione dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale ratificato nel 1999. «Nel corso del 2004 e nei primi cinque mesi del 2005, il governo e il parlamento italiani non hanno fatto alcun passo in avanti nella lotta contro la tortura» così come il governo non ha ancora presentato un disegno di legge per l'attuazione dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale ratificato nel 1999. «Nonostante - rileva Amnesty - la Commissione Conforti, istituita nel 2002 dal ministro della Giustizia per affrontare il problema dell'attuazione - abbia finito i suoi lavori».

«Il parlamento italiano - prosegue l'organizzazione internazionale per la tutela dei diritti umani mettendo il dito in un vecchia piaga - non ha ancora approvato i progetti di legge di modifica dell'articolo 27 della Costituzione, che lascia ipoteticamente lo spazio per una reintroduzione della pena capitale mediante legge ordinaria, seppure limitatamente alle leggi militari di guerra». «Il testo unificato è fermo al Senato e non viene discusso dal luglio 2003», ricorda Amnesty.

Nel capitolo dedicato all'Italia Amnesty denuncia innanzitutto il persistere di un «quadro legislativo insufficiente sul diritto d'asilo» associato allo stallo del progetto di legge per l'introduzione di una normativa organica sui rifugiati, ancora fermo alla Camera. Quindi, rinnova «le preoccupazioni condivise con l'Unhcr sulla tutela legale, l'identificazione, il trattenimento e le procedure d'asilo sollevate nel giugno 2004 quando il governo italiano ha rinviato 36 dei 37 cittadini stranieri approdati nel paese dopo essere stati salvati in mare dalla nave Cap Anamur». Gravi le affermazioni del ministro della Giustizia Roberto Castelli, per il quale le critiche dell’Unhcr giungono da «turisti poco professionali» metre un altro esponente della maggioranza ha definito «massacrante ingerenza» la pioggia di pronunciamenti di condanna giunti al nostro governo da parte della Corte di Giustizia europea.

E ancora. L'organizzazione punta poi l'indice contro «i respingimenti collettivi» verso la Libia e l'Egitto di centinaia di cittadini stranieri «avvenuti in violazione delle principali convenzioni in materia di diritti umani e dei rifugiati» nei mesi di ottobre e dicembre 2004 e marzo e aprile 2005. «Il governo italiano - sottolinea Amnesty - non ha illustrato il testo né fornito maggiori dettagli sulla natura giuridica e sul contenuto degli accordi di cooperazione con la Libia avviati dal 2000».
Inoltre - denuncia ancora - «il ministro dell'intero Beppe Pisanu non ha risposto alla lettera di Amnesty che il 15 marzo 2005 chiedeva l'accesso dei ricercatori dell'organizzazione nei centri per stranieri in Italia». Non solo: dal 2003 si stanno applicando le cosiddette “misure anti-sbarchi” ributtando in acque internazionali i barconi dei disperati che tentano di mettersi in salvo nel nostro paese. Una deroga palese del “principio di non respingimento” proprio delle Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra del 1949. Quest’anno si sono contati almeno 34 voli verso la Libia con i quali si sono riportati indietro circa 4.600 cittadini stranieri. Amnesty denuncia la gestione poco trasparente degli accordi che l’Italia ha firmato con la Libia a partire dal 2000: dal nord-Africa infatti il nostro governo ha finanziato voli verso diversi stati africani. L’esecutivo dovrebbe fare chiarezza.

Rispetto al commercio di armi, l'organizzazione rileva che in seguito alle pressioni della stessa Amnesty e della Rete Italia disarmo, nel maggio 2005, il Parlamento per la prima volta ha iniziato l'esame della Relazione annuale della presidenza del Consiglio sul commercio di armi, in applicazione delle legge 185 del 1990. Secondo quanto riportato dalla Relazione, «l'Italia nel 2004 ha aumentato del 16% (1,5 miliardi di euro) le autorizzazioni alle esportazioni di armi da guerra e nella lista dei beneficiari permangono paesi in cui le violazioni dei diritti umani sono ancora diffuse (come Malaysia, Turchia e Cina) e che sono in conflitto tra loro (come India e Pakistan). Dalla lettura della Relazione e dal dibattito politico emergerebbe - nota Amnesty - la volontà del Governo di modificare la legge 185 del 1990, non è chiaro con quali obiettivi, e di rendere meno trasparenti le informazioni comunicate al Parlamento, per esempio quelle sulle transazioni bancarie. Permane, però, il problema della mancanza di analoga relazione sul commerci di armi leggere.
Altro elemento di preoccupazione per Amnesty è costituito dagli accordi bilaterali per la cooperazione nel settore della difesa, che «sembrano rientrare in una strategia di svuotamento della legge 185 del 1990 e di non applicazione del Codice di condotta europeo, creando regimi privilegiati e poco trasparenti con paesi verso i quali la politica estera italiana dovrebbe essere invece particolarmente cauta». Il 3 maggio 2005 il Parlamento - documenta Amnesty - ha approvato gli accordi con Algeria, Israele e Kuwait mentre sono in discussione quelli con India, Serbia e Cina. Nel dicembre 2004 - ricorda ancora - il ministro degli Esteri e il presidente della Repubblica avevano sostenuto la necessità di rimuovere l'embargo dell'Ue alle esportazioni di armi verso la Cina. A fine marzo 2005, deputati di diversi gruppi parlamentari hanno sollecitato una risposta del governo su come intenda conciliare la tutela dei diritti umani con la revoca dell'embargo. Riguardo infine alla proposta di un trattato internazionale sulle armi, fino ad oggi -constata Amnesty - il Governo italiano non ha manifestato alcun sostegno.

Note:
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