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«Non uccidete la 185»: pacifisti e parlamentari contro il commercio delle armi

Andrea Scognamillo
Fonte: Unità - 28 aprile 2005


I parlamentari dell'opposizione chiedono al Berlusconi -bis di impegnarsi per fermare il commercio delle armi verso i paesi in guerra, o dove ci sono violazioni dei diritti umani. Laura Cima dei Verdi, Francesco Martone, Elettra Deiana Giovanni Russo Spena e Ramon Mantovani di Rc, Silvana Pisa e Piero Ruzzante (Ds) Tino Bedin (Margherita) si faranno promotori di una mozione in Parlamento per chiedere al Governo di sostenere in seno alle Nazioni Unite la necessità di approvare entro il 2006 un trattato internazionale che definisca norme e controlli severi sulla vendita di armi.
La decisione è stata presa nel corso di un incontro con gli organizzatori della campagna Control Arms lanciata in Italia dalla Rete italiana per il Disarmo (www.disarmo.org), Amnesty International, Oxfam, Pax Christi e Rete Lilliput. «Questa collaborazione che riprende oggi tra parlamentari e associazionismo è stata molto proficua in passato» spiega Silvana Pisa dei Ds.

Proprio questa collaborazione, tra parlamentari e associazioni pacifiste e di solidarietà, aveva portato nel 1990, dopo una lunga mobilitazione, all’approvazione della legge 185 sul controllo alle esportazioni di armi. La 185 ha permesso di rallentare se non di fermare le esportazioni di armi e di tecnologia militare verso i paesi in conflitto o che non rispettano i diritti umani e ha inoltre consentito un controllo parlamentare sui volumi di affari e sui paesi di destinazione delle armi vendute.

Nei prossimi giorni, fiducia permettendo, le Commissioni Difesa di Camera e Senato discuteranno la Relazione annuale 2005 sulle esportazioni di armamenti presentata dal Governo. L’incontro, organizzato mercoledì a Roma, presso la Sala della Sacrestia della Camera dei Deputati, aveva il duplice obbiettivo di lanciare ulteriormente la campagna Control Arms e di presentare le osservazioni della Rete sulla Relazione presentata dal Governo. «Il valore delle esportazioni di armi hanno raggiunto nell’anno 2004 una cifra record: quasi un miliardo e mezzo di euro, con un aumento del 16 per cento rispetto all’anno precedente» spiega Daniela Carboni di Amnesty International «e nell’elenco dei paesi destinatari continuano ad apparire alcuni che non rispettano i diritti umani come la Malaysia, la Turchia o che si trovano in situazioni di conflitto come l’India e il Pakistan; ma è molto più preoccupante il tentativo in atto di svuotare la 185; nel corso degli anni attraverso modifiche legislative e norme applicative sempre più elastiche i controlli sono stati ammorbiditi per favorire l’industria bellica».

La cosa più grave è che si sta attuando una politica di aggiramento della normativa; infatti sono stati sottoscritti diversi accordi bilaterali di cooperazione nel settore della Difesa che impegnano l’Italia nella ricerca, co-produzione e scambio di materiali di armamento con diversi paesi stranieri; gli accordi in questione, sono soggetti a ratifica da parte del Parlamento, ma una volta approvati non rientrano nei controlli della legge 185 in quanto accordi politici. Gli accordi bilaterali sono stati sottoscritti con paesi come Indonesia, Algeria, Israele e Giordania che ricadrebbero nei divieti della 185. «Uno dei punti di attenzione su cui dovremo vigilare adesso sarà il passaggio parlamentare degli accordi di cooperazione nel settore della difesa», conclude Silvana Pisa. «Nella Relazione del Governo» continua Riccardo Troisi della Rete Lilliput «si preannunciano provvedimenti in merito alle difficoltà che avrebbe provocato ad alcuni istituti di credito la nostra campagna di pressione sulle banche armate, le banche che finanziano gli scambi commerciali di armi; quali saranno questi provvedimenti? Il rischio è che rendano i meccanismi finanziari del commercio delle armi meno trasparenti; mi sembra chiaro come nonostante il continuo aumento dell’export di armi il governo sia comunque intenzionato ad allentare ulteriormente i vincoli della legge 185». Un punto di vista più operativo viene portato da Alex Zanotelli: «Non avete idea di quanto incida la presenza delle armi nella vita delle popolazioni africane; l’Africa in pratica è una bomba ad orologeria: occorre predisporre meccanismi che impediscano che le armi continuino ad alimentare i conflitti. Ad esempio regolamentando anche le agenzie internazionali di intermediazione e brokeraggio che rappresentano dei veri buchi neri della legalità internazionale».

Note:
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