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Export armi: relazione del Governo e commenti della Rete Disarmo

30 aprile 2005
Fonte: AGI - 27 aprile 2005


Diverse banche italiane hanno ridotto nel 2004 le transazioni legate alle esportazioni di armi e tale
tendenza, che mette in difficolta' l'industria bellica, ha spinto il governo a cercare "una possibile soluzione che sara' quanto prima esaminata a livello interministeriale". Il passaggio e' contenuto nella relazione annuale sul commercio delle armi trasmessa di recente al Parlamento.
Gli istituti bancari, si legge, "pur di non essere catalogati fra le cosiddette 'banche armate', hanno deciso di non effettuare piu' o quantomeno, di limitare significativamente, le operazioni bancarie connesse con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento".
L'industria bellica, continua la relazione, e' costretta a rivolgersi a "banche non residenti in Italia, con la
conseguenza di rendere piu' gravoso e alle volte impossibile il controllo finanziario delle autorizzazioni". Cio' costituisce per il governo una "problematica di alta rilevanza".
La campagna "banche armate" e' partita qualche anno fa, su iniziativa del movimento pacifista. Le preoccupazioni del governo confermano che le pressioni dell'opinione pubblica conseguono dei risultati", spiega Alex Zanotelli, missionario comboniano che ha scritto una lettera per ringraziare Corrado Passera, amministratore delegato di Banca Intesa, che ha annunciato tempo fa il proprio disimpegno dal settore. Le associazioni hanno segnalato anche "l'ulteriore e positivo passo" di Unicredit e "l'uscita definitiva" da questo tipo di transazioni di Monte dei Paschi di Siena.
Nel complesso le transazioni bancarie relative all'esportazione di armi nel 2004 hanno fatto registrare una cifra pari a oltre a 1 miliardo 317 milioni di euro.
E' cresciuto del 16 per cento il valore dell'export di armi dall'Italia nel 2004, secondo quanto si
legge nella relazione annuale trasmessa al Parlamento dal ministero degli Esteri. Il valore delle autorizzazioni all'export lo scorso anno e' stato di 1.490 milioni di euro mentre le esportazioni realmente portate a termine sono state di circa 480 milioni di euro.
L'esportazione si e' diretta soprattutto verso il Regno Unito (15,52 per cento), la Norvegia (13,36), la Polonia (8,89), il, Portogallo (8,55), gli Stati Uniti d'America (6,50), la Grecia (5,74), la Malaysia (5,02).
Il governo, si legge nella relazione, ha mantenuto "una posizione di cautela verso i Paesi in situazioni di tensione". Le principali aziende esportatrici sono state lo scorso anno l'Agusta (34,51% delle autorizzazioni all'export), Mbda Italia (13,46), Alenia Marconi Systems (11,68), Oto Melara (10,22), Avio (4,81), Fincantieri (4,78), Selenia Communications (4,15). Il movimento pacifista prende spunto da questi dati per lanciare la campagna "control arms", volta a rafforzare il monitoraggio sulla diffusione delle armi, in particolare quelle leggere. "Vediamo crescere a dismisura l'export bellico 'certificato'. Una situazione che ci indigna perche' non si puo' con una mano fare la guerra contro il terrorismo e con l'altra vendere armi come se fossero saponette", ha detto Alex Zanotelli, missionario comboniano, nel corso di un convegno. I pacifisti difendono la legge 185 sul commercio delle armi. "Ha funzionato egregiamente negli ultimi 15 anni e andrebbe applicata in modo ancora piu' aderente al dettato normativo", ha affermato Riccardo Troisi della Rete Lilliput, ma il commercio delle armi leggere sfugge alle maglie della legislazione attuale. L'Italia e' il quarto produttore e il secondo esportatore mondiale di armi leggere. La Rete per il disarmo (composta, tra gli altri, da Amnesty, Acli, Arci, Fim,
Fiom, Un ponte per...) ha avviato una petizione cui hanno aderito fino a oggi 40 parlamentari, per chiedere norme piu' rigide sulla compravendita di armi leggere. La petizione si inserisce in una iniziativa piu' vasta, a livello mondiale, che punta a raccogliere un milione di firme entro il 2006 e
presentarle alla Conferenza dell'Onu sui traffici illeciti di armi leggere. L'obiettivo e' arrivare a un Trattato internazionale sul commercio degli armamenti.

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