Occhio alle Armi
L'intervento di Holger Anders

Impedire la mediazione illegale di armi: controlli multilaterali e nazionali in Europa

Grip - Groupe de Recherche et d'Information sur la paix et la Sécurité

I. Quadro generale

I mediatori di armi sono da tempo riconosciuti come gli attori principali nel commercio illecito di armi. Mediatori senza scrupoli organizzano la fornitura di armi letali e di munizioni a forze militari e gruppi ribelli coinvolti in violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale e che sono sottoposti a sanzioni internazionali. Agiscono al fine di ottenere vantaggi economici, senza preoccuparsi dei crudeli scopi per i quali gli acquirenti utilizzanno le armi. Il peggio è che, spesso, i mediatori di armi operano all’interno di un quadro legislativo che non controlla efficacemente la loro attività.

Questa presentazione fa luce sullo stato attuale della “guerra” al commercio illegale di armi, in particolare nel contesto europeo. Viene evidenziato che molto è stato fatto, ma che tanto altro rimane ancora da fare. Non c’è ancora un trattato internazionale e vincolante sul controllo delle armi. Molti Stati europei non si sono ancora dotati di una legislazione adeguata su questa questione e, spesso, i controlli che operano sono poco efficaci. Vi è quindi la necessità di aumentare gli sforzi a livello nazionale, regionale e internazionale, sia per punire i mediatori di armi coinvolti nel traffico illecito di armi, sia per bloccare le loro future attività.

II. La mediazione di armi e attività ad esso correlate

La mediazione di armi è definita come la negoziazione e l’organizzazione del trasferimento di armi. Il mediatore non ha bisogno di possedere le armi in questo tipo di transazioni. Esse includono anche l’acquisto, la vendita e le modalità di trasferimento di armi che sono in possesso del mediatore. Di conseguenza, l’attività di coloro che trasportano le armi e di quelli che offrono servizi finanziari o di altro genere non è ricompresa nella definizione. Queste attività sono generalmente comprese nella definizione “attività correlate alla mediazione”.

Spesso le attività correlate all’intermediazione di armi non sono oggetto di controlli in quanto non costituiscono l’obiettivo principale della lotta contro il commercio di armi. In realtà questa convinzione ignora il fatto che gli uomini d’affari che forniscono gli aeroplani, i soldi e la documentazione necessaria per il commercio illegale sono ugualmente coinvolti quanto quelli che stipulano accordi per i trasferimenti veri e propri tra compratori e venditori di armi

• Trasferimenti a un Paese terzo

Ciò su cui il controllo dei broker di armi si concentra maggiormente sono le attività di intermediazione che implicano il commercio di armi tra Paesi senza che queste entrino, transitino o lascino il territorio dello Stato in cui il mediatore ha svolto la compravendita (noti come “trasferimenti a un Paese terzo”). L’attenzione su questa questione si giustifica con il fatto che i trasferimenti in cui le armi attraversano il territorio dello Stato in cui l’intermediario opera, sono già controllati dalla legislazione sulle importazioni, il transito e le esportazioni di quel Paese.

La rilevanza dei controlli sui trasferimenti a un Paese terzo sono resi più evidenti dall’esempio di un mediatore che lavora in Italia e coordina il trasferimento di armi per lo Zimbabwe. Lo Zimbabwe si trova attualmente sotto l’embargo dell’Unione Europea (d’ora in poi UE). Il mediatore di armi violerebbe le leggi italiane se il trasferimento di armi avesse origine in Italia. Ciò nonostante, il mediatore non le violerebbe se coordinasse un trasferimento per lo Zimbabwe che partisse però dal Marocco. Questo è possibile perché la legislazione italiana non controlla i trasferimenti di armi a un Paese terzo.

• Controlli extraterritoriali

I controlli che riguardano i trasferimenti tra due Paesi stranieri vengono a volte chiamati “controlli extraterritoriali di attività di mediazione”. Confusamente, i controlli extraterritoriali includono anche le attività di intermediazione da parte di una persona o di un’ente che operano dall’estero. Ad esempio, un cittadino o residente che per evitare i controlli nazionali vada all’estero per organizzare un trasferimento di armi tra Paesi stranieri.

Spesso è stato affermato che i controlli eseguiti su cittadini o su residenti, che operano dall’estero, non possono essere adeguatamente rafforzati e che tali controlli, di conseguenza, non possono giustificare gli oneri amministrativi per coloro che legalmente trasferiscono armi. Il problema risiede nel fatto che la mancanza di controlli, anche minimi, lascia aperto un varco per i mediatori di armi che possono evadere i controlli con facilità nel loro Paese e che possono anche continuare ad organizzare trasferimenti illeciti di armi senza rischiare sanzioni legali.

III. Standard internazionali e regionali

Il Programma di Azione delle Nazioni Unite del 2001 sul SALW (Small Arms and Light Weapons) affida agli Stati il compito di sviluppare una legislazione che controlli le attività di trasferimento illecito di armi. Il Protocollo sulle armi da fuoco delle Nazioni Unite del 2001 incoraggia gli Stati ad adottare controlli.
Nell’agosto 2007 un gruppo di esperti dell’ONU ha sottolineato la possibilità di un miglioramento nella promozione della cooperazione internazionale per combattere il commercio illecito. La loro analisi raccomanda agli Stati di adottare controlli contro il commercio illegale di armi a livello nazionale. Essa però non fa appello ad uno strumento internazionale sulle mediazioni di armi.

Controlli sulle mediazioni vengono stipulati ed incoraggiati nelle Americhe, in Europa ed in Africa meridionale, occidentale ed orientale. I provvedimenti previsti negli strumenti di controllo delle mediazioni presentano elementi in comune, come la norma che prevede che i mediatori debbano avere un’autorizzazione. Sono presenti però molte differenze per quanto riguarda i fini tra gli strumenti di controllo del commercio di armi. Inoltre, solo 40 Stati hanno previsto controlli di questo genere, e molti di questi si trovano in Europa.

• La Posizione comune europea sul controllo della mediazione di armi

Gli Stati dell’UE hanno adottato una Posizione vincolante sul controllo della mediazione di armi nel giugno 2003. Gli Stati dell’UE sono obbligati ad assicurare la conformità delle loro politiche nazionali ai requisiti previsti dalle posizioni comuni in virtù del Trattato dell’UE del 1992.
La Posizione comune sul controllo del commercio delle armi richiede che gli Stati diano l’autorizzazione al commercio di trasferimenti ad un Paese terzo e che stabiliscano sanzioni nei confronti di coloro che abbiano violato la legislazione nazionale su tali controlli.

La Posizione comune richiede anche l’adozione di misure non vincolanti, tra cui quella che comporta il controllo da parte degli Stati dei mediatori di armi della loro nazionalità, residenti nel loro territorio ma che operano dall’estero. La Posizione comune incoraggia anche l’adozione del requisito di registrazione da parte dei mediatori. Gli Stati che non hanno ancora adottato una legislazione conforme a questa Posizione comune europea sono Cipro, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lussemburgo e Portogallo.

IV. Controlli nazionali in Europa

Circa i 2/3 degli Stati europei hanno adottato controlli sul commercio delle armi conformi ai requisiti previsti nella Posizione comune europea. Quegli Stati hanno adottato una legislazione che prevede che i mediatori ottengano una licenza per organizzare e negoziare i trasferimenti di armi tra Paesi fuori i confini dell’UE. Sanzioni penali possono essere applicate nei confronti di chiunque abbia violato tale legislazione. Molti Stati stanno applicando controlli sempre più restrittivi.

• Attività di controllo

Gli agenti di trasporto presenti in Bulgaria o in Germania che trasportano armi tra Paesi stranieri devono ottenere un’autorizzazione preventiva dai loro rispettivi governi. Persone ed enti che forniscono fondi e servizi finanziari per i trasferimenti illeciti di armi tra Paesi stranieri sono soggetti alla giurisdizione nazionale in Estonia, Bulgaria ed in Olanda. Il Regno Unito ha proibito qualsiasi attività che includa trasferimenti di armi da un Paese straniero e in violazione di un embargo nazionale, dell’UE e dell’ONU.

• Registrazione dei mediatori di armi

I mediatori di armi devono ottenere una registrazione preventiva per le loro attività in Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia e Spagna.
Solo i mediatori registrati possono richiedere le licenze individuali. La registrazione permette alle autorità nazionali di esaminare le persone e gli enti prima di autorizzarli ad intraprendere attività di commercio di armi. Le registrazioni sono regolarmente rinnovabili ma ai mediatori che hanno commesso violazioni dei regolamenti nazionali è proibita la registrazione.

• Controlli extraterritoriali

Molti Stati controllano non solo i trasferimenti dal loro territorio tra Paesi esteri ma anche le attività dei loro connazionali e/o residenti che operano dall’estero.
Il Regno Unito ha imposto un ampio divieto sul coinvolgimento dei suoi cittadini che risiedono nel Regno Unito, per quanto concerne il trasferimento di armi da qualsiasi Paese nei confronti di un Paese sottoposto ad embargo. Questo divieto si applica indistintamente a situazioni in cui una persona agisce dal territorio britannico o da qualsiasi altra parte nel mondo.

I connazionali o i residenti che operano dall’estero devono ottenere una licenza preventiva dal loro governo per organizzare un trasferimento tra Paesi stranieri in Repubblica Ceca, Estonia, Finlandia, Ungheria, Lituania, Polonia, Romania e Svezia.
I requisiti per ottenere la licenza per le mediazioni extraterritoriali includono la proibizione di trasferire armi ad una destinazione sottoposta ad embargo, anche se il mediatore agisce dall’estero.

V. Restanti debolezze

Non esiste uno strumento giuridicamente vincolante a livello internazionale che obblighi gli Stati ad adottare ampi controlli per combattere e prevenire la mediazione di armi, in violazione delle leggi nazionali ed internazionali. Gli attuali standard regionali sui controlli sulle mediazioni sono infatti spesso limitati nel loro scopo e nel loro carattere vincolante. La mancanza di forti standard internazionali e regionali contribuisce a peggiorare l’attuale situazione in cui solo pochi Stati hanno adottato controlli sulle attività di mediazione.

E’ possibile comunque registrare un progresso da parte di alcuni Stati verso l’adozione della Posizione comune europea sulla mediazione di armi. E’ altresì incoraggiante che alcuni Stati europei abbiano adottato controlli che si spingono oltre i requisiti minimi richiesti da tale Posizione comune. Ciò include l’adozione di requisiti di registrazione e controlli sui mediatori che agiscono dall’estero. Allo stesso tempo, nonostante la Posizione comune sia stata adottata 5 anni fa, molti Stati europei non l’hanno ancora integrata nei loro ordinamenti.

• La situazione italiana

La legislazione italiana impone la necessità di registrarsi per ottenere la licenza per le mediazioni di armi che saranno esportate dall’Italia. Non è invece disciplinato il commercio di armi che sono prodotte e vengono trasportate fuori dall’Italia. Questo espediente è stato una delle ragioni per cui un famoso mediatore d’armi, accusato di aver commerciato armi in violazione di un embargo dell’ONU, è stato prosciolto da un tribunale italiano nel 2002. Uno degli accordi stipulati dal mediatore riguardava il trasferimento di 68 tonnellate di armi dall’Ucraina alla Liberia attraverso il Burkina Faso e successivamente ai ribelli in Sierra Leone.
Al momento del suo arresto in Italia, il mediatore era in possesso di vari documenti che attestavano il suo coinvolgimento nei trasferimenti illeciti di armi. Ciò nonostante, il tribunale stabilì che non poteva perseguirlo poiché le armi in questione non provenivano e non avevano transitato attraverso l’Italia.
La lacuna nel sistema italiano implica che la legislazione italiana non sia conforme con la Posizione comune europea.

VI. Raccomandazioni

• Rafforzare i controlli internazionali e regionali

Si registra un urgente bisogno di adottare, a livello internazionale, un Trattato sui trasferimenti di armi che sia giuridicamente vincolante. Tale Trattato dovrebbe regolare i trasferimenti internazionali di armi convenzionali e prevenire i trasferimenti di armi, che potrebbero essere utilizzate in violazione delle norme internazionali. Tale trattato fornirebbe una valida cornice giuridica per lo sviluppo e l’adozione di standard globali e vincolanti riguardanti il commercio di armi e le attività ad esso connesse.

Gli Stati che non hanno ancora agito in tal senso dovrebbero adattare le loro legislazioni alla Posizione comune europea. Questa stessa Posizione dovrebbe essere rafforzata rendendo obbligatoria la registrazione e i controlli sulle attività extraterritoriali dei mediatori. Ciò comporterebbe l’impossibilità per i mediatori di evadere i controlli del proprio Stato semplicemente operando da un altro Stato i cui controlli sono meno rigidi.

• Rafforzare la legislazione italiana

L’Italia dovrebbe imporre l’ottenimento della licenza a quelle persone ed enti che vogliono organizzare trasferimenti di armi tra Paesi stranieri; imporre la registrazione anche per i mediatori che operano trasferimenti a Paesi terzi ed infine impedire il coinvolgimento dei propri cittadini e residenti in operazioni illegali di trasferimento di armi verso Paesi sottoposti ad embargo, indipendentemente dal luogo dove sono prodotte le armi.
Tale divieto dovrebbe avere ad oggetto i mediatori, gli agenti di trasporto e i finanziatori di fondi, compresi anche quelli che agiscono dall’estero.

Allegati

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    Holger Anders - Fonte: GRIP
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