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Yemen, a due anni dall'inizio del conflitto la società civile italiana chiede di fermare le armi per bloccare la guerra

Lettera al Ministro Alfano da parte di sei organizzazioni dell'associazionismo italiano (Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo) con il sostegno del missionario Comboniano Alex Zanotelli.
Fonte: Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo - 25 marzo 2017

Yemen 2 anni di guerra

A seguito di settimane di scontri tra ribelli Houti e le forze presidente eletto Hadi, e con quest'ultimo in fuga, il 26 marzo 2015 una coalizione guidata dall’Arabia Saudita e comprendente i Paesi del Golfo Persico (eccetto l’Oman) insieme ad Egitto, Giordania, Marocco e Sudan lanciarono i bombardamenti dell’operazione chiamata “tempesta decisiva”. L'inizio di una sanguinosa guerra nello Yemen che dopo due anni non accenna a placarsi.

Secondo le Nazioni Unite, che fin da subito hanno iniziato a sottolineare una crisi umanitaria sempre crescente causata dal conflitto, in 24 mesi di scontri ci sono stati oltre 4.500 morti civili, con oltre 8.000 feriti, e un numero di sfollati che supera i tre milioni. Sempre secondo le strutture Onu sul Paese incombe “un grave rischio di carestia”: quasi 7,3 milioni di yemeniti avrebbero bisogno di un urgente aiuto alimentare e oltre 430.000 bambini soffrono di malnutrizione grave.

Sulle città e paesi dello Yemen sono stati sperimentate da entrambe le parti in causa tecniche militari particolarmente distruttive nei confronti della popolazione civile, come esempio gli attacchi “double tap” che mirano non solo a distruggere gli obiettivi ma anche di uccidere i soccorritori

Di fronte a questa situazione ormai insostenibile Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo hanno deciso di scrivere al Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Angelino Alfano per sollecitare un ruolo positivo dell'Italia nella crisi, che non si limiti solo a lenti passi diplomatici.

Le realtà della società civile, che già da mesi si sono occupate della questione yemenita, si sono dette ancora una volta fortemente preoccupate del fatto che l’Italia stia continuando a fornire all’Arabia Saudita e ai membri della sua coalizione sistemi militari e munizionamento che alimentano il conflitto, nonostante diversi rapporti e notizie attendibili dimostrino le gravi e reiterate violazioni delle convenzioni internazionali su diritti umani e diritto umanitario da parte della coalizione a guida saudita.

In Yemen si sta consumando una guerra di cui nessuno parla, che finora ha distrutto la vita di migliaia di civili e provocato un disastro umanitario che vede oggi oltre 3 milioni di persone senza alcun rifugio e 2 milioni di bambini che non possono andare a scuola – afferma Antonio Marchesi presidente di Amnesty International Italia - Nonostante questo, il Governo italiano sta continuando ad autorizzare la fornitura di armi all'Arabia Saudita, violando, a nostro avviso, il diritto nazionale ed internazionale e contribuendo al perpetuarsi delle violenza. E' ora di porre fine a queste vendite".

Sulla stessa linea la dichiarazione di Roberto Barbieri, Direttore Generale di Oxfam Italia: “Se le parti in conflitto - e coloro che lo alimentano con vendita di armi - continuano ad ignorare la crisi alimentare dello Yemen, saranno responsabili di aver causato una carestia. Il popolo dello Yemen sta morendo di fame e non può sopravvivere a lungo in questa situazione.”

Yemen guerra Lo scorso 27 gennaio è stato trasmesso al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il “Rapporto finale del gruppo di esperti sullo Yemen” che evidenzia che “I bombardamenti aerei condotti dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita hanno devastato le infrastrutture civili in Yemen, ma non sono riuscite a scalfire la volontà politica dell’alleanza Houthi-Saleh a continuare il conflitto”. E soprattutto riporta che “Il conflitto ha visto diffuse violazioni del diritto umanitario internazionale da tutte le parti in conflitto. Il gruppo di esperti ha condotto indagini dettagliate su questi fatti ed ha motivi sufficienti per affermare che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei che diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale”. (p. 3)

"Non è quindi più accettabile – commenta Piergiulio Biatta, presidente dell'Osservatorio Permanente sulle Armi Leggere e le Politiche di Sicurezza e Difesa (OPAL) di Brescia – che l'Italia continui ad inviare sistemi militari e munizionamento alle forze armate dell'Arabia Saudita. Non solo le associazioni internazionali, ma le stesse Nazioni Unite certificano oramai con chiarezza che numerosi bombardamenti effettuati dalla coalizione a guida saudita, ed in particolare quelli sulle zone abitate da civili, sono in palese violazione delle leggi internazionali. Si tratta di bombardamenti effettuati anche con bombe prodotte ed esportate dall’Italia”.

Il Rapporto dell’Onu, infatti, documenta il ritrovamento, a seguito di due bombardamenti a Sana’a nel settembre 2016, di più di cinque “bombe inerti” sganciate dall’aviazione saudita contrassegnate dalla sigla “Commercial and Government Entity (CAGE) Code A4447”. Quest’ultima è riconducibile all’azienda RWM Italia S.p.A. (Via Industrale 8/D, 25016 Ghedi, Italia). Secondo gli esperti delle Nazioni Unite, “l’utilizzo di queste armi rivela una tattica precisa, volta a limitare i danni in aree in cui risulterebbero inaccettabili”. Gli esperti spiegano inoltre che “una bomba inerte del tipo Mk 82 ha un impatto pari a quello di 56 veicoli da una tonnellata lanciati a una velocità di circa 160 km all’ora” (cfr. pp. 171-2).

Secondo i dati elaborati dall’Osservatorio OPAL e dalla Rete Disarmo lo scorso anno dall'Italia sono state inviate all’Arabia Saudita bombe e munizionamento militare per un valore complessivo di oltre 40 milioni di euro, in crescita rispetto ai 37,6 milioni di euro del 2015. Le spedizioni sono state tutte effettuate dalla provincia di Cagliari e sono riconducibili alla RWM Italia, azienda del gruppo tedesco Rheinmetall, che ha la sua sede legale a Ghedi (Brescia) e la sua fabbrica a Domusnovas, non lontano da Cagliari. Già dal 2015, e dunque a conflitto già aperto e dichiarato, sono state confermate e certificate numerose spedizioni di bombe aeree della RWM Italia dalla Sardegna all’Arabia Saudita, l'ultima probabilmente solo pochi giorni fa.

Nei mesi scorsi la Procura di Brescia, a seguito di un esposto promosso dalla nostra Rete in diverse città d'Italia - commento Francesco Vignarca coordinatore della Rete italiana per il Disarmo - ha aperto un’inchiesta sulle forniture di bombe aeree all’Arabia Saudita; un'azione, quella del Coinvolgimento della magistratura, che abbiamo voluto portare avanti in coordinamento e analogia con iniziative simili negli altri paesi europei fornitori di armi nella regione. Riteniamo che continuando a fornire armi alla coalizione guidata dall’Arabia Saudita, nonostante il rischio sostanziale che siano usate per commettere o facilitare violazioni, l’Italia sta violando sia il diritto internazionale (ovvero, il trattato internazionale sul commercio delle armi), che quello nazionale (la legge n. 185 del 1990)”.

Va ricordato che secondo tale legge è proibito vendere armi a Paesi che siano in stato di conflitto armato; che tale sia la situazione dello Yemen e dei Paesi facenti parte della coalizione a guida saudita lo testimonia lo stesso sito viaggiaresicuri.it promosso dall'Unità di crisi del Ministero degli Esteri: “Il 26 marzo 2015 una coalizione guidata dall'Arabia Saudita ha iniziato le operazioni militari contro gli Houthi. Il conflitto è ancora in corso e coinvolge un gran numero di governatorati. Il protrarsi del conflitto ha causato un gravissimo deterioramento della situazione umanitaria nel Paese”. Una precedente formulazione della stessa pagina era ancora più chiara a riguardo: “È' assolutamente sconsigliato, in questo particolare momento, recarsi in Yemen ed effettuare viaggi in tutto il Paese […]. Dopo una fase di elevata instabilità dal punto di vista politico-istituzionale, una coalizione di Paesi (guidata dall’Arabia Saudita) è intervenuta militarmente […]. Il conflitto è tuttora in corso e coinvolge un gran numero di governatorati. Le condizioni umanitarie stanno divenendo insostenibili per larga parte della popolazione civile, come indicato nei report delle Nazioni Unite, che hanno documentato anche arresti arbitrari e violazioni del diritto umanitario da ambo le parti coinvolte nello scontro armato”

Yemen guerra bimbiUn governo che dovrebbe impersonare la legalità sta violando le leggi questo Paese si è dato con il suo Parlamento sovrano: una contraddizione in termini non più accettabile. Dobbiamo chiedere con forza che la politica italiana dica da che parte vuole stare, se da quella della popolazione civile o dei produttori di armi. E che la 185/90 venga rispettata pienamente e nei suoi principi, non solo sulla carta” commenta padre Alex Zanotelli, missionario comboniano.

«Nonostante le migliori intenzioni e le denunce avanzate dai parlamentari presenti al dibattito per un’economia disarmata dello scorso 14 marzo promosso nell’aula dei guppi parlamentari dal Movimento dei Focolari – affermano i due responsabili Andera Goller e Rosalba Poli - la situazione non sembra affatto rientrare tra le priorità del governo e delle forze politiche, quando basterebbe un semplice atto di indirizzo delle commissioni Difesa di Camera e Senato per impegnare l’esecutivo a mantenersi in linea con i valori costituzionali. Non dare risposte vuol dire lasciare interi territori davanti al ricatto tra lavoro e concorso alla guerra. Occorre perciò una vera riconversione economica. L’impegno quindi non può che continuare nel segno di un forte appello alla coscienza di ognuno». 

Le richieste avanzate al Ministro Alfano dalle organizzazioni della società civile sono semplici e urgenti.

Occorre porre fine immediatamente al trasferimento di sistemi militari e munizionamento verso la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, per prevenire ogni rischio di commettere o facilitare serie violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani in Yemen. In seno alla comunità internazionale, e valorizzando la presenza dell'Italia nel Consiglio di Sicurezza ONU, occorre fermamente condannare l’uso di munizioni a grappolo nel conflitto e fare pressione affinché anche l’Arabia Saudita ratifichi il trattato internazionale sulle munizioni a grappolo, distruggendo quelle che ancora possiede. Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia, Rete Italiana per il Disarmo si uniscono a diverse altre organizzazioni internazionali nel sollecitare l’istituzione di una indagine internazionale indipendente per esaminare le violazioni da tutte le parti in conflitto, al fine di assicurare la giustizia, le responsabilità e il risarcimento per le vittime, promuovendo nel contempo in sede europea l’attuazione della Risoluzione del Parlamento europeo del 25 febbraio 2016 sulla situazione umanitaria nello Yemen (2016/2515(RSP)) che ha invitato “il VP/AR ad avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita, tenuto conto delle gravi accuse di violazione del diritto umanitario internazionale da parte di tale paese nello Yemen e del fatto che il continuo rilascio di licenze di vendita di armi all'Arabia Saudita violerebbe pertanto la posizione comune 2008/944/PESC del Consiglio dell'8 dicembre 2008”.

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