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Nucleare, il mondo cerca la nuova via del disarmo

Paolo Migliavacca
Fonte: Il Sole 24 Ore - 03 maggio 2010

Da oggi al 28 maggio il quartier generale dell'Onu di New York ospita la conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione nucleare. I 189 paesi firmatari cercheranno (forse invano: tre delle edizioni precedenti si conclusero senza neppure un generico comunicato finale comune) di dirimere il groviglio di problemi che dal 1975 ruota intorno a tre grandi questioni: il disarmo (e qui un passo importante, per quanto non decisivo, verso l'eliminazione degli arsenali atomici, cui sono impegnati i cinque paesi possessori ufficiali di tali armi, l'hanno compiuto l'8 aprile scorso Usa e Russia, firmando a Praga un nuovo trattato che riduce entro il 2017 le testate pronte all'uso a 1.550 per entrambi, contro le 2.200 attuali); la non proliferazione (mentre vari paesi, Iran in testa, stanno invece probabilmente cercando di procurarsi armi atomiche); e, infine, l'uso pacifico dell'energia atomica.
Fungo Atomico
L'obiettivo della non proliferazione pare minacciato, paradossalmente, sia dal diffondersi stesso dell'uso civile dell'atomo (dalle barre esaurite delle centrali elettronucleari si può produrre plutonio o uranio fissili, malgrado gli stretti controlli dell'Iaea, l'Ente atomico internazionale incaricato della loro sorveglianza), sia soprattutto dall'accennata, evidente volontà di vari paesi non-nucleari di entrare in possesso di tali armi, benchè quasi tutti abbiano firmato il trattato in questione. E questo nonostante il costo proibitivo del loro sviluppo, specie per economie sottosviluppate.

Il quesito di fondo, per chi ha queste finalità, è infatti: quanto denaro serve per fabbricare armi atomiche? Certo un'enormità. Ma i costi, naturalmente, variano moltissimo in base al livello di sviluppo del sistema industriale che ne sorregge lo sforzo, alla capacità finanziaria e, soprattutto, alla sofisticazione dell'arma sviluppata (potenza e dimensioni) e al tipo di vettore di lancio prescelto (costruire un missile, ad esempio, costa ben più che acquistare un aereo, che però è assai più vulnerabile). Fino a creare differenze di spesa colossali.

Partiamo dagli Stati Uniti, dotati dell'arsenale atomico più sofisticato mai realizzato. Secondo uno studio della Brookings Institutions della fine degli anni 90, sfociato nel libro "Atomic Audit: The Costs and Consequences of U.S. Nuclear Weapons Since 1940", il costo globale del periodo che va dal 1946 al 1996 sfiora i 5.500 miliardi di dollari, cui vanno aggiunti altri 35-50 miliardi annui di spese di mantenimento (vedi scheda a sinistra). Il risultato di questo sforzo immane è stata la produzione di oltre 70mila testate, di cui meno della metà effettivamente disponibili nel periodo di massima auge dell'arma, negli anni 60.

Ogni singolo ordigno risulta quindi costato circa 80 milioni di dollari: moltissimo, benchè la produzione di massa abbia diluito assai i costi e occorra tener conto del costo esorbitante dei vettori (missili, aerei e sottomarini), per oltre 3.200 miliardi. E comunque ben lontano dalle ottimistiche attese iniziali: il senatore democratico Brien McMahon, presidente della Commissione mista del Congresso per l'energia nucleare Usa, nel settembre del 1951 sosteneva infatti che «una potenza di fuoco basata su un'arma atomica è centinaia di volte più economica di una basata sull'esplosivo convenzionale».

L'esame del caso Usa fa sorgere un'altra domanda: a quale costo le altre potenze nucleari sono riuscite a dotarsi della "bomba"? La risposta è chiaramente assai difficile, trattandosi quasi sempre di una materia che scivola facilmente nel segreto di Stato. Ma qualche stima è certo possibile.

Per la Russia, erede del paese più chiuso del mondo che fu l'Urss, la creazione di un arsenale superiore per quantità (oltre 100mila testate) ma inferiore per qualità può essere stimata in una cifra oscillante tra 1.300 e 1.500 miliardi di dollari, tenuto conto dei costi interni assai inferiori rispetto a quelli Usa. Per comprendere questo sforzo,va ricordato come il collasso dell'Urss sia iniziato con il tentativo di tener testa alle gigantesche spese del progetto delle cosiddette "Guerre stellari" Usa. Per la Cina il costo può essere ridotto, per ragioni analoghe, a 7-800 miliardi.

Per Gran Bretagna e Francia la stima appare assai differente. Mentre la prima ha goduto i frutti della special partnership con gli Usa (in quel contesto ricevette, spesso gratis o a prezzo simbolico, progetti, materiali e interi sistemi d'arma, come i sottomarini Vanguard e i relativi missili Trident) e quindi si può stimare che il suo budget non superò gli 800-1.000 miliardi di dollari, Parigi ha dovuto faticare assai di più per sviluppare la propria force de frappe. Totale del conto: almeno 1.500 miliardi. Assai modesti, a confronto, gli oneri d'Israele (250-300 miliardi, in gran parte frutto degli aiuti di Usa, Francia e Gran Bretagna), India e Pakistan (100-150 miliardi ciascuna) e Corea del Nord (20-30 miliardi). Ma, in quest'ultimo caso, con un onere analogo a quello Usa quanto a rapporto con il Pil e con un costo unitario enorme delle 10 armi fabbricate.

Note: Articolo al link http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Editrice/IlSole24Ore/2010/05/03/Mondo/16_A.shtml?uuid=9a44097e-5676-11df-a6ca-2846584c0201&DocRulesView=Libero
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