ControllArmi

ControllArmi

RSS logo

Svuotare gli arsenali si può ed è anche conveniente

Giorgio S. Frankel
Fonte: Il Sole 24 Ore - 03 maggio 2010

L'aspirazione a un mondo senza armi nucleari è antica quasi quanto la stessa "bomba" ed è ormai largamente acquisita sul piano dei principi, anche se non ha davvero fatto molta strada sul piano concreto, nonostante il Trattato di non proliferazione, gli accordi Start tra Mosca e Washington e molti altri progetti e summit internazionali, come la Conferenza di New York che si apre domani. Un tempo si diceva che le armi nucleari consentivano, a chi le aveva, grandi risparmi perchè, a conti fatti, costavano meno di una credibile forza convenzionale. L'argomento è poi caduto in disuso per vari motivi, non ultimo il costo sempre più proibitivo delle stesse armi anucleari, che però, essendo in gran parte segreto, può essere stimato solo con larga approssimazione. Fuclle spezzato nonviolenza

Prima di concludere che un disarmo nucleare globale permetterebbe risparmi davvero astronomici, bisogna tener conto di due fattori. Il primo è che il disarmo totale, per ora solo ipotetico, richiederebbe comunque tempi lunghi, cioè almeno un ventennio. Il secondo è che l'eliminazione fisica delle armi nucleari è essa stessa un'operazione assai costosa. Quanto costosa? Difficile, se non impossibile, dirlo, per la riservatezza dei principali dati. Tuttavia, a Washington, il General Accounting Office (l'equivalente americano della nostra Corte dei Conti) nel 1995 affermò che un eventuale disarmo nucleare sarebbe costato agli Stati Uniti tra 300 e 1.000 miliardi di dollari. Per valutare gli ordini di grandezza, nel 1995, le spese militari globali erano stimate a circa 740 miliardi di dollari. Oggi siamo a circa 1.200 miliardi (in dollari correnti, assai inflazionati rispetto agli anni 90) e la quota Usa è più della metà del totale.

Costi e vantaggi
Dire che il disarmo nucleare non sarebbe un'operazione davvero economica non significa però che non sarebbe conveniente. Come hanno osservato due studiosi canadesi, Justin Alger e Trevor Findlay, in un loro recente studio, se c'è un consenso internazionale sull'idea che il disarmo nucleare aumenti la sicurezza globale, allora i suoi costi diventano accettabili e di secondaria importanza. Anzi, il disarmo nucleare mondiale sarebbe alla fine assai meno costoso rispetto alla produzione, alla manutenzione e all'aggiornamento tecnologico degli arsenali nucleari nei decenni a venire. Naturalmente, dai costi diretti del disarmo bisogna poi dedurre il costo (peraltro segreto) delle armi nucleari in caso di mancato disarmo. Per ora, osservano Alger e Findlay, il dibattito sui costi del disarmo nucleare non è ancora andato oltre la fase "filosofica". Gli studi sul disarmo dedicano ai costi solo poche pagine, se non poche righe.
I costi vanno divisi in due categorie principali. La prima concerne l'eliminazione fisica delle armi nucleari. La seconda riguarda il futuro, continuo monitoraggio a livello globale dell'osservanza dell'accordo di disarmo. Per avere un'idea del possibile ordine di grandezza dei costi di verifica, ipotizzando un budget annuo pari a cinque volte quello odierno dell'Agenzia internazionale dell'energia atomica, si arriverebbe a circa due miliardi di dollari, cioè meno del prezzo di un nuovo sottomarino nucleare lancia- missili balistici (un esemplare della classe americana "Virginia" costa, ad esempio, 2,6 miliardi).

Fasi articolate
L'eliminazione fisica delle armi nucleari comprende un gran numero di attività (e relativi costi) tra cui, per citarne alcune, lo smantellamento di migliaia di testate nucleari (comprese però anche le più vecchie, che verrebbero comunque distrutte al termine del loro ciclo di vita, anche se non ci fosse il programma di disarmo), la distruzione dei relativi vettori (missili, aerei e sottomarini, ma alcuni potranno essere convertiti a impieghi civili), la disattivazione e successiva distruzione dei laboratori di ricerca, impianti di produzioni e stoccaggio, nonchè degli impianti per produrre uranio arricchito e plutonio e di reciclaggio a fini militari del combustibile nucleare.

Un problema-chiave è cosa fare del materiale fissile. L'uranio fortemente arricchito (90-95%) può essere degradato al 3-5% e poi impiegato come combustibile in centrali elettro-nucleari (vedi box a lato). Questo combustibile nucleare costa di più di quello prodotto normalmente, ma contribuisce a ridurre i costi del disarmo e i rischi di terrorismo atomico. Più problematico, invece, il possibile impiego del plutonio per la produzione di energia.

Per la stima dei costi e dei vantaggi, non ci sono naturalmente precedenti, salvo l'accordo Start del 1991 tra Stati Uniti e Unione Sovietica per una limitata riduzione delle testate nucleari e dei vettori. Secondo alcune stime, lo Start sarebbe costato a Washington circa 2,8 miliardi di dollari, più altri 2,9 miliardi per contribuire a finanziarne l'esecuzione nell'ex Urss. Nel contempo, avrebbe permesso minori spese in armamenti nucleari per 7,5 miliardi, con un risparmio netto di 1,8 miliardi di dollari.

Note: Articolo al link http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Mondo/2010/05/arsenali-nucleari-svuotare.shtml?uuid=50c28b20-5682-11df-a6ca-2846584c0201&DocRulesView=Libero
.