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Il Brasile mostra i muscoli

Nascita di un polo alternativo alla Nato oppure strategia di riavvicinamento agli Usa? L'accordo di cooperazione militare con la Francia conferma le aspirazioni a superpotenza del Paese verdeoro.
Francesco Giappichini
Fonte: Musibrasil - 11 dicembre 2008

ra gli obiettivi della classe dirigente brasiliana di questo inizio di millennio non vi é soltanto la trasformazione del Paese in una potenza economica mondiale nonché il superamento delle tuttora gravi disparitá socioeconomiche, che fanno di questa realtá un esempio da evitare in quanto a tutele e servizi offerti alla cittadinanza. Il governo di Luiz Inácio da Silva e le forze sociali e politiche che lo sostengono mirano a trasformare il Brasile in una superpotenza militare. Si rispolvera un'antica aspirazione delle elite verdeoro, che compare e ricompare ciclicamente sin dai primi decenni del secolo scorso, che rischia di esporre il Paese all'accusa d'imperialismo - anche se su scala regionale - da parte delle altre Nazioni sudamericane.

É su queste basi che va interpretata la tradizionale ambiguitá nei confronti di Washington, sotto il profilo delle alleanze militari, poiché se da un lato le relazioni tra Brasile e Stati Uniti sono sempre state buone i sudamericani hanno sempre evitato di apparire alleati incondizionati, meri satelliti della prima potenza mondiale. In questo quadro si inseriscono alcuni recenti fatti di cronaca, oggetto delle piú differenti interpretazioni: l'accordo di cooperazione militare con la Francia, la freddezza di Brasília circa l'avvicinamento tra Russia e Venezuela, la recente presentazione del Piano nazionale di difesa, sino alla controversa riattivazione, da parte statunitense, della Quarta Flotta dell'Atlantico del sud.

A riportare l'attenzione dei media sui programmi strategico-militari dell'amministrazione Lula é stato l'annuncio di un importante accordo che i governi di Brasília e Parigi firmano a Rio de Janeiro, in presenza del presidente Nicolas Sarkozy, il 22 dicembre. Si va così avviando una fase di stretta cooperazione militare tra i due Paesi, che garantirá al Brasile l'acquisizione di importanti tecnologie di guerra e la realizzazione di un sogno di lunga data, ossia il primo sommergibile a propulsione atomica battente bandiera verdeoro. In particolare i francesi forniranno tre sottomarini a propulsione convenzionale della classe Scórpene, che i brasiliani adatteranno alle proprie esigenze, e informazioni necessarie allo sviluppo del primo sommergibile nucleare brasiliano. Obiettivo dell'accordo sará dunque anche la rivitalizzazione dell'industria bellica nazionale, che dopo i fasti degli anni Ottanta vive adesso una fase di stanca. Anzi, se non fosse per la dinamicitá di Embraer (Empresa brasileira de aeronáutica), si potrebbe parlare di una paralisi quasi completa.

Il patto è stato oggetto delle piú varie letture, dalle piú ardite alle piú convenzionali. E se alcuni l'hanno inteso come la nascita di un nuovo polo strategico, magari capace di porre termine alla forza attrattiva dell'Allenza atlantica, per altri si é trattato soltanto della riconferma della storica fedeltá di Brasília a Washinghton. É quanto sostiene Jorge Zaverucha, docente presso la facoltá di Scienze politiche dell'Universitá federale del Pernambuco, secondo cui é stata proprio la recente alleanza russo-venezuelana a spingere i sudamericani, dietro sollecitazione di Washington, tra le braccia di Sarkozy: «Il Brasile era in dubbio tra la Francia e la Russia. Con l'avvicinamento di questa al Venezuela, gli Stati Uniti hanno fatto sapere che non si sarebbero opposti ad un accordo militare del Brasile con la Francia. A buon intenditore, poche parole». O, come si dice in portoghese, para bom entendedor meia palavra basta.

Il 15 aprile, infatti, i governi di Brasile e Russia hanno siglato un accordo di cooperazione militare che prevede, tra l'altro, il lancio di satelliti e la costruzione di missili e aerei. All'epoca, quando ancora non era scoppiato il conflitto in Georgia, e soprattutto non era stata definita l'alleanza tra Caracas e Mosca, a Brasília regnava l'incertezza tra l'assegnare la prioritá alla parceria con i russi, oppure privilegiare il canale negoziale coi francesi, peraltro giá aperto da tempo. Ma gli accadimenti successivi, come detto, hanno spinto Lula verso l'opzione filo-occidentale. Tuttavia alcuni analisti militari reputano l'accordo un errore, constatando che l'industria bellica francese non é al livello di quella statunitense o russa. «Dal punto di vista politico del governo Lula puó anche avere senso», ha dichiarato Gunther Rudzit, professore presso le Faculdades integradas Rio Branco, «ma senz'altro non ce l'ha dal punto di vista strategico».

E non sono mancate neppure le critiche di carattere strettamente tecnologico, specie a causa della supposta facile identificabilitá del tanto agognato sommergibile atomico, per via delle onde sonore emesse. Se per alcuni esperti sarebbe stato preferibile investire nel pattugliamento aereo, il professor Expedito Bastos dell'Universitá federale di Juiz da Fora si chiede se «non sarebbe molto meglio disporre di venti sottomarini convenzionali. Sarebbe una flotta d'alto mare fantastica, in questo modo noi controlleremmo tutto il nostro litorale». (Attualmente la marina militare brasiliana dispone di cinque sottomarini convenzionali, fabbricati con tecnologia tedesca, ndr).

Il patto franco-brasiliano prevede anche la costruzione di elicotteri Ec-725 da parte della francese Eurocopter, presso la fabbrica mineira di Itajubá. I velivoli avranno tuttavia il marchio della Helibras, controllata brasiliana dell'azienda francese. Il nuovo corso delle relazioni con Parigi dovrebbe poi favorire il caccia Rafale della francese Dassault quale nuova punta di diamante dell'Aeronautica militare brasiliana (gli altri concorrenti alla licitazione privata sono il Gripen della svedese Saab, e l'F-18 Super Hornet della statunitense Boeing). Questo attivismo militare é funzionale anche al citato Piano nazionale di difesa, per il quale verranno investiti ben 10 miliardi di dollari all'anno: durante la recente vistita di Lula in Italia, il ministro della Difesa Nelson Jobim ne ha parlato con l'omologo Ignazio La Russa, che ha rimarcato la disponibilitá delle imprese italiane «che posseggono specifiche capacitá», a contribuire alla modernizzazione dell'esercito brasiliano.

Ed é stato proprio il ministro Jobim a dare nuovo impulso, fin dallo scorso anno, ai vari progetti ed intese volti al rafforzamento militare del proprio paese. Grazie all'autorevolezza che era mancata ai propri predecessori, ha messo fine ai ricorrenti malumori dei vertici militari, ha sottolineato la necessitá di modernizzare le forze armate, anche dotandole di un sommergibile atomico, e ha parlato anche dell'importanza di assicurare al Paese vari impianti per l'arricchimento dell'uranio. «Non si pensi - ha dichiarato tempo fa con riferimento a un megagiacimento di petrolio da poco scoperto - che riusciremo a proteggere questa riserva solo con navi di superficie. Adesso basta aprire Google Earth per localizzare la propria casa. Strategicamente, una nave é importantissima, ma identificabile». Ha infine concluso che «non abbiamo bisogno dell'uranio per la bomba atomica, questa é una stupidaggine».

É innegabile che le recenti scoperte di petrolio e gas naturale al largo delle coste nazionali abbiano avuto un ruolo determinante in questo inedito attivismo militare brasiliano. Cosí lo scorso giugno lo stesso Jobim, dimostrando di trovarsi perfettamente a proprio agio nella carica - e soprattutto di godere dell'appoggio di Lula e delle gerarchie militari - ha invitato la statale petrolifera Petrobras a finanziare la flotta militare. «Abbiamo bisogno di migliorare le condizioni operative della Marina», ha detto, specificando che «questo é un tema che interessa anche Petrobras. Evidentemente Petrobras deve partecipare ai costi di implementazione del servizio». Nella stessa occasione ha annunciato che é stato richiesto alle Nazioni Unite di poter estendere le cosiddetta «piattaforma continentale», dalle canoniche duecento, sino a trecentocinquanta miglia dalla costa, (in quest'area ogni paese gode in via esclusiva dei diritti di esplorazione e di sfruttamento delle risorse, ndr).

Quest'inconsueto dinamismo nell'area della difesa, secondo alcuni osservatori, sarebbe tuttavia dovuto alla riattivazione, da parte nordamericana, della Quarta Flotta navale, destinata al pattugliamento dell'Atlantico del sud. Questa divisione della Marina militare statunitense operó dal 1943 al 1950, e gli storici la ricordano soprattutto per la caccia a navi e sommergibili tedeschi, nel corso della Seconda guerra mondiale. É inutile dire che la decisione, risalente a giugno, ha preoccupato e colto di sorpresa l'esecutivo, se non altro perché il segretario di Stato Condoleezza Rice l'ha comunicata - con una telefonata - al ministro degli Esteri Celso Amorim, ben tre giorni dopo la cerimonia d'inaugurazione, tenutasi in Florida. Secondo fonti dell'Itamaraty (il palazzo ove ha sede, a Brasília, il dicastero degli Esteri, ndr), la Rice avrebbe assicurato che l'obiettivo dell'operazione é di cooperare con i paesi della regione, rispettando il diritto internazionale.

E ha ripetuto, in buona sostanza, il contenuto delle note ufficiali del suo governo, secondo cui le imbarcazioni saranno impiegate solo in «operazioni di pace, di assistenza umanitaria, e di aiuto, nel caso di disastri naturali». In veritá le parole pronunziate tra un brindisi e l'altro dall'ammiraglio Gary Roughead, nel corso della cerimonia d'inaugurazione, erano state molto meno distensive: «L'obiettivo primario della Quarta Flotta consisterà in azioni umanitarie», ebbe a dichiarare nell'occasione il capo delle operazioni militari della United States Navy, «ma che nessuno si faccia illusioni: sarà pronta per qualsiasi tipo d'azione, in ogni luogo e in ogni momento». Tuttavia ad allarmare i vari governi latinoamericani non è soltanto l'enorme potenza di fuoco delle ventidue imbarcazioni di questa divisione navale, ma anche e sopra tutto il profilo del suo comandante, il contrammiraglio Joseph Kernan. Questi non proviene dalla marina militare convenzionale ma dai Seal (The United States navy sea, air and land forces, il corpo speciale della United States navy) e in passato ha partecipato alla pianificazione di incursioni in Iraq e Afghanistan.

É convinto che in tutta questa storia vi sia ben poco di umanitario anche il teologo Carlos Alberto Libânio Christo, piú noto come Frei Betto, che sulla rivista Adital ha dedicato alla vicenda un corsivo sarcastico e mordace, ormai divenuto un must della rete: «Secondo le autoritá statunitensi l'obiettivo é "realizzare azioni umanitarie". E allora, perché tanti missili?», si chiede il religioso brasiliano, che poi aggiunge: «Non é una coincidenza che la Quarta Flotta sia riattivata nel momento in cui Cuba perfeziona la propria opzione socialista, Daniel Ortega torna a guidare il Nicaragua, il Brasile scopre riserve petrolifere sotto lo strato pre-sale e l'America del sud si vede governata da personaggi come Chávez, Lula Correa, Kirchner, Morales?».

Se molti analisti ispanoamericani hanno interpretato la mossa di Washington come la risposta dell'amministrazione Bush all'Unione delle nazioni sudamericane (Unasul) - quella che la stampa ha frettolosamente definito come la Nato del Sudamerica - in Brasile si é piuttosto pensato a una manifestazione delle brame dei nordamericani sulle risorse naturali nazionali: in primis le riserve di petrolio e gas naturale recentemente scoperte, ma anche la foresta amazzonica. Tra l'altro il citato contrammiraglio Kernan ha dichiarato, lasciando interdetta l'opinione pubblica brasiliana, che il suo sogno é tornare in Amazzonia per «addestrare a tattiche di guerra nella giungla».

Tornando alle reazioni brasiliane, sono degne di nota le tempestive parole dell'ammiraglio Júlio Soares de Moura Neto, capo di Stato maggiore della Marinha do Brasil, secondo cui lo stesso Lula vuole modernizzare le forze armate brasiliane, e «ció é una necessitá. La marina non é preparata per adempiere al compito assegnatole dalla Costituzione». Lo stesso Senato di Brasília non ha fatto sconti alla mossa statunitense: la commissione Esteri é giunta a votare una mozione di condanna, mentre il senatore Pedro Simon ha ironizzato coi presunti scopi umanitari della missione, per i quali «non ha senso la presenza di una flotta nucleare».

Anche il parlamento del Mercosul ha espresso il proprio voto di condanna, sul presupposto che il ritorno di una «forza militare é innecessario e inopportuno, poiché la regione é pacifica e democratica, e risolve i conflitti attraverso i negoziati, e secondo i principi della non ingerenza». Il ministro per gli Affari strategici Roberto Mangabeira Unger ha gettato acqua sul fuoco, assicurando che la Quarta flotta non rappresenta una minaccia per il Brasile, ma ha anche segnalato che la vicenda «rafforza la necessitá che il Paese debba contare su uno scudo difensivo. Una delle ragioni principali per formulare una stategia nazionale di difesa», ha continuato il ministro, «é poter contare su uno scudo non solo contro le aggressioni, ma anche contro le intimidazioni».

Alle polemiche scatenatesi in Brasile, l'ambasciata statunitense ha risposto con un messaggio rivolto al Senato, ove il capo missione Clifford Sobel dichiara che «la Quarta flotta é un'unitá amministrativa progettata per offrire un'organizzazione piú efficiente, e facilitare l'impiego delle risorse navali nella regione». Se ne ribadiscono quindi gli obiettivi, che consisterebbero in «missioni di pace, attivitá di assistenza umanitaria, soccorsi in seguito a disastri, operazioni contro il narcotraffico, ed esercitazioni tradizionali, insieme alle forze navali delle nazioni alleate».

Come spesso accade in Brasile, le manovre piú o meno lecite degli stranieri, gli intrighi piú o meno occulti dei gringo, hanno l'effetto di mettere d'accordo i settori tradizionalmente anti-yankee della sinistra ortodossa con gli ambienti piú patriottici ed ultranazionalisti, spesso legati alle forze armate e magari nostalgici dei governi militari di qualche decennio fa. Ne é prova un'intervista fatta in agosto al generale Durval Nery, che ha avuto grande ripercussione sui media nazionali. Il coordinatore del Centro brasiliano di studi strategici vede con preoccupazione l'iniziativa di Washington, a suo parere intimamente legata alle recenti scoperte di megagiacimenti di petrolio e gas naturale: «La decisione - ha esordito - é stata presentata come volta a proteggere il libero flusso del commercio nei mari della regione. Ebbene, chi ha i mezzi per proteggere é anche in condizioni di impedire questo flusso commerciale. E io mi chiedo: perché preservare i commerci di un'area che non vive situazioni di guerra? E ció proprio quando il Brasile annuncia l'estensione della sua riserva, che é tra le maggiori del mondo?».

Anche il generale Nery fa riferimento, con inevitabile ironia, ai presunti scopi umanitari: «Immaginiamo pure che la Quarta flotta avrá scopi umanitari, pur costando una fortuna mantenere una portaerei nucleare con cinquanta, sessanta e cento aerei che navigano permanentemente nei mari del sud. Ma perché nominarne come comandante il contrammiraglio Joseph Kernan, specialista in tattiche di guerra sottomarina e nell'addestramento degli uomini-rana?». Nery ha anche ricordato le parole del presidente George W. Bush, che dopo la scoperta di una riserva di petrolio al largo della costa brasiliana, avrebbe detto di non riconoscere la sovranitá di Brasília oltre le duecento miglia. Ha infine concluso ponendosi alcuni interrogativi cui ha implicitamente risposto nelle dichiarazioni precedenti: «E in Brasile come sará? La Quarta flotta é nostra amica? Ed è qui soltanto per proteggerci?».

Sebbene i toni del generale possano apparire sopra le righe, sono in molti in Brasile a chiedersi: come puó un ufficiale come Kernan, che coi suoi sabotatori ha partecipato ai conflitti iracheno e afghano, stare al comando della Quarta flotta al fine di proteggerci?

Note: Articolo al link http://www.musibrasil.net/articolo.php?id=2424
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