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Importante intervento del ministro degli esteri UK

Perchè abbiamo bisogno di un trattato internazionale sulle armi

David Milliband (Ministro degli Esteri - Gran Bretagna)

La guerra è stata l’icona del XX secolo, con decine di milioni di vittime. Oggi i conflitti continuano a tormentare vaste zone dell’Africa e dell’Asia. Abbiamo assistito ai combattimenti in Georgia, alle soglie dell’Europa. Siamo destinati a ripetere gli errori del secolo scorso? Oxfam ha calcolato che l’Africa perde circa 18 miliardi di dollari l’anno a causa di guerre, guerre civili ed insurrezioni. Secondo le
David Miliband
ricerche di Oxfam, in tutto il mondo 1.000 persone muoiono ogni giorno a seguito dell’uso di armi leggere. Ha inoltre valutato che i conflitti armati sono costati allo sviluppo dell’Africa 284 miliardi di dollari dal 1990. Noi rispondiamo, come nostro dovere, con sforzi internazionali per trovare soluzioni politiche e con aiuti umanitari per le vittime.

Organizzazioni come ONU, Croce Rossa ed enti benefici svolgono un lavoro straordinario dopo l’inizio dei conflitti. Ma i fattori che alimentano la persistenza di livelli elevati di conflitto nel XXI secolo sono fin troppo evidenti. I cambiamenti climatici, ad esempio, alimenteranno la competizione fra e all’interno dei paesi per le forniture idriche e renderanno obbligati spostamenti di popolazione a causa della desertificazione o di mutati modelli di coltivazione. Anche la demografia premerà sulle risorse, alimentando tensioni fra le collettività. Le organizzazioni internazionali ed i governi devono innanzitutto fare il possibile per elevare i propri standard per prevenire i conflitti.

Che visitiate i profughi in Georgia o incontriate quanti in Etiopia sono stati colpiti da mine mentre si spostavano in Africa su un motorino, come ha fatto Charley Boorman nel suo ruolo di persona avventurosa e sostenitore dell’UNICEF, il costo della guerra in termini umani è tangibile. Inevitabilmente, sono i più vecchi ed i più giovani a soffrire maggiormente. Questo è particolarmente vero per i bambini le cui vite saranno per sempre sconvolte dalla guerra perché vittime loro stessi o perché obbligati a diventare soldati bambini. Le semplici cifre sulle vittime non raccontano tutta la storia perché non mostrano le conseguenze della perdita della salute o delle fonti di sostentamento a causa degli sconvolgimenti economici e sociali. Le agghiaccianti statistiche ci dicono crudamente che, con nove conflitti africani, le morti indirette per povertà e malattie provocate dai conflitti sono state 14 volte più numerose delle morti avvenute in combattimento.
Un elemento centrale nel contribuire a prevenire i conflitti, e nel renderli meno micidiali quando si verificano, è un migliore controllo sulle forniture di armi. Non sono le armi a portare le guerre,tuttavia ne sono il carburante che le alimenta. Per chi traffica in armi in maniera irresponsabile non è importante l’impatto dei suoi traffici su gente innocente di tutto il mondo.

Ci occorre un efficace Trattato internazionale sul Commercio delle Armi. È assurdo che, pur esistendo da diversi decenni trattati e convenzioni per il controllo della diffusione di armi nucleari, chimiche e biologiche, non esista un sistema internazionale equivalente per arrestare l’afflusso di armi nelle zone di conflitto.

C’è un mosaico di sistemi di controllo sulle esportazioni di armi nel mondo, ma questi sistemi sono incoerenti laddove si sovrappongono; in molti casi sono divisi da grossi divari. I fornitori irresponsabili – Stati e non – sfruttano questi divari e queste incoerenze per vendere armi e munizioni in posti dove verranno usate per alimentare conflitti, per opprimere o intimidire o per altre violazioni dei diritti umani.

Scopo di un Trattato sul Commercio delle Armi è disporre di un insieme di norme concordate a livello internazionale che regolino il commercio di tutte le armi convenzionali. Ciò renderebbe il commercio legittimo di armi più chiaro ed affidabile perché inserirebbe dei criteri comuni internazionali. Tutti i paesi sarebbero obbligati per legge ad adottare dei criteri uniformi e di livello elevato in base ai quali valuterebbero le proprie esportazioni di armi per garantire che tali armi non finiscano nelle mani sbagliate. In questi criteri rientrerebbero il rispetto dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale da parte del paese destinatario. Se potremo realizzare ciò, allora porre fine all’uso delle armi per violazioni dei diritti umani, repressioni, terrorismo e per minare la stabilità e lo sviluppo socioeconomico potrà diventare un obiettivo raggiungibile.

Nel 2006, il Regno Unito ha lavorato assieme ad Argentina, Australia, Costa Rica, Finlandia, Giappone e Kenia per avviare il processo ed introdurre una bozza di risoluzione ONU che sollecitava un Trattato sul Commercio Internazionale di Armi, che ricevette il sostegno di 153 paesi. Nel 2007,è stato registrato un livello di risposta senza precedenti agli appelli del Segretario Generale dell’ONU che sollecitava pareri sulla portata e la fattibilità del trattato, con risposte da oltre 100 paesi. Dobbiamo ora portare avanti tutto questo all’ONU, dove ci riuniremo alla fine di questo mese, per mantenere vivo lo slancio. Si tratta di un lavoro urgente. Un Gruppo ONU di Esperti di Governo sta ultimando il riesame delle idee e suggerimenti ricevuti da Governi di tutto il mondo sulla fattibilità e portata di questo trattato.

Vogliamo generare un maggiore sostegno e comprensione delle problematiche relative al trattato ed ampliare il dibattito. È una questione che dovrebbe essere importante non soltanto per Governi ed ONG, ma anche per l’industria, il mondo accademico, i "think tank" ed i leader religiosi. Per questo oggi Charley Boorman ed io incontreremo esponenti della comunità imprenditoriale, di ONG e di varie comunità religiose per discutere gli aspetti ed i vantaggi offerti da questo trattato. Vogliamo che gli obiettivi del trattato raccolgano il sostegno del massimo numero di persone di ogni settore della società. Auspichiamo che questi dibattiti rafforzino anche la nostra convinzione che questo trattato possa apportare vantaggi all’industria e al commercio contribuendo a stabilire mercati e fonti di rifornimento più stabili.

Meno di due anni fa soltanto 40 paesi circa si erano detti favorevoli a questo tipo di trattato; oggi, oltre tre quarti dei paesi di tutto il mondo hanno pubblicamente riconosciuto la necessità di un trattato. Questo può essere realizzato, e noi dobbiamo darci da fare per realizzarlo.

Note: Ulteriori informazioni su

http://www.controlarms.org

http://www.controlarms.it
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