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Impronte digitali a tutte le armi. Una banca dati contro il crimine

l progetto presentato a Barcellona, al XV congresso di Criminologia. Catalogare le armi fin dalla produzione per dare loro una "carta d'identità"
28 luglio 2008 - Claudia Fusani
Fonte: Repubblica.it - 28 luglio 2008

Lo studio dell'università di Bologna prevede la registrazione da parte del produttore e la creazione di un database internazionale consultabile quando si compie un delitto.

Non ce l'hanno neppure quelli di C.S.I., né a Miami né a New York, figurarsi quelli del Ris, che hanno base a Parma e non sono una fiction. Eppure a vederla così, sembra l'uovo di Colombo. E la soluzione a un sacco di guai: tutti quelli che nascono ogni volta che un'arma nel mondo spara e poi sparisce con chi la usata. Omicidi insoluti, agguati senza colpevoli, regolamenti di conti che restano senza responsabili. Si chiama Diana, è l'acronimo di Data Investigation and Analysis by a New Aapproach ("Investigazioni e analisi dei dati del crimine con un nuovo approccio") e potrebbe essere la nuova frontiera della criminologia. E' un progetto dell'Università di Bologna (professor Francesco Donato, docente di Tecniche investigative applicate) ed è stato presentato a Barcellona dove è in corso il XVI congresso mondiale di criminologia.
Armi in vetrina
Il concetto è molto semplice: nel momento in cui un'arma viene prodotta, le sue "impronte digitali" (impronte di classe e minuzie o contrassegni identificativi) devono finire in un enorme database consultabile ogni volta che nel mondo un'arma spara per compiere un delitto. Quando, sulla scena del crimine, gli esperti della scientifica trovano un bossolo, riescono a risalire al calibro e a una marca, ma difficilmente trovano l'arma. E il suo proprietario.

Ci sono armi che non sono mai state trovate e hanno segnato la storia criminale dell'Italia, dalla calibro 22 del mostro di Firenze alla mitraglietta Skorpio delle BrPcc fino alla calibro 22 che ha ucciso D'Antona e Biagi. Quante volte gli investigatori: "Potessimo sapere qualcosa di più sull'arma...". Dal luogo del delitto e da un bossolo vai all'indietro e, passo dopo passo, non che arrivi all'assassino ma certo molto più vicino di quanto succeda ora.

La banca dati balistici può diventare un aiuto importante per le indagini e la crimonologia. E' anche, soprattutto, una questione di sicurezza. Tra l'altro troverebbe il suo fondamento giuridico-normativo nella direttiva 91/477 del Consiglio d'Europa che prevede l'obbligo per tutti gli armaioli (costruttori, importatori e commercianti) dei Paesi Ue di "catalogare le armi prodotte, importate e vendute con l'indicazione dei relativi dati tecnici al fine di permetterne la loro identificazione".

Il primo passo di un'indagine dove è stata usata un'arma da fuoco è la sua identificazione. Sulla scena del crimine vengono repertati ed esaminati i fondelli dei bossoli e le superfici dei proiettili sparati. L'obiettivo è duplice: risalire alla "classe" dell'arma utilizzata (tipo, marca, modello, calibro) tramite le cosiddette "impronte di classe" e poi rilevare le altre peculiarità, quelle necessarie per identificare esattamente l'arma usata in quel crimine: si chiamano "contrassegni identificativi", sono i processi di lavorazione (limatura, tornio, rifinitura) unici per ogni arma. Il suo Dna balistico.

L'identità di ogni arma viene raggiunta, spiega il professor Donato, "solo se vengono riscontrate l'esatta corrispondenza topografica e morfologica delle impronte dei vari congegni (percussione, estrazione, espulsione, rigature) e la perfetta coincidenza e giustapposizione dei microprofili delle singole peculiarità di ogni impronta".

Un procedimento tecnico molto elaborato che, evidentemente, è realizzabile solo se in laboratorio è a disposizione l'arma sospetta. Senza di essa, o della sua carta d'identità completa, è impossibile ogni comparazione e l'indagine si ferma. Il progetto di database capace di archiviare le impronte balistiche serve a coprire proprio questo buco fatale per le indagini.

Il progetto Diana prevede l'acquisizione e l'archiviazione delle immagini ad alta risoluzione delle impronte balistiche di tutte le armi da fuoco prodotte e importate in un determinato paese. Il database, poi, interagisce con gli altri archivi disponibili (sono due: General Rifling Characteristics File dell'Fbi che raccoglie impronte di classe di circa 20 mila armi, e Ibis) e ricostruisce passo passo tutta la storia "ufficiale" dell'arma: produzione, esportazione, vendita, proprietario. Come per una macchina o una moto. In un momento in cui si prendono le impronte digitali a tutti, a prescindere e comunque, e in nome della sicurezza, perché non farlo per le armi?

Note: Articolo al link http://www.repubblica.it/2008/07/sezioni/scienza_e_tecnologia/banca-dati-balistici/banca-dati-balistici/banca-dati-balistici.html
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