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Dove vola l'accordo tra Finmeccanica e DRS Usa

La mega-acquisizione italiana nel settore dell'industria della difesa statunitense in realtà condizionerà le scelte strategiche della politica estera italiana, destinate a una ulteriore sudditanza. Un'analisi dell'accordo, con i suoi punti segreti tutti da verificare negli effetti

Sergio Finardi
Fonte: Il Manifesto - 16 maggio 2008

Sono passati circa quindici anni dall'inizio delle massiccie ristrutturazioni dei settori che nel mondo producono materiale e servizi bellici, un gigantesco rimescolamento partito dal Nordamerica nei primi anni 90 e via via trasmessosi all'Europa, al Brasile, al Sudafrica, a Singapore e all'Asia orientale. La conclusione della prima fase dell'acquisizione della statunitense DRS Technology da parte dell'italiana Finmeccanica, annunciata dai board dei rispettivi gruppi il 13 maggio, rientra in questo processo e, in particolare, nel processo con cui i gruppi europei del settore stanno tentando di tenere i piedi dentro entrambi i due maggiori assi economico-politici presenti: la collaborazione transatlantica e la costruzione di una industria bellica integrata ed autonoma in Europa. A questi due assi, e a mix variabili di entrambi, sono ovviamente connesse opzioni strategiche differenti. Va da sè che il rafforzamento della collaborazione lungo l'asse transatlantico implica non solo uno stretto legame con le politiche statunitensi e i teatri di guerra in cui gli Stati Uniti sono impegnati (meglio: impelagati), ma anche un indebolimento delle spinte verso l'integrazione bellica europea.

L'accordo celebrato

Finmeccanica, e il coro dei media, celebra l'accordo (che comunque deve superare qualche altro ostacolo per dirsi una realtà) come un passo significativo nella conquista del ricco «mercato» (in realtà un colossale trasferimento di soldi dai bilanci pubblici all'industria privata) dei contratti militari statunitensi da parte di gruppi esteri, europei in particolare. Sostanzialmente, dicono, Finmeccanica acquisirà porzioni ragguardevoli di tali contratti attraverso DRS, un gruppo solidamente inserito nella macchina bellica statunitense (409 milioni di dollari in contratti, principalmente dal dipartimento della Difesa, nel 2007; 1.208 nel 2006; 1.215 nel 2005; 1.042 nel 2004 e una media delll'85% del suo business proveniente dai contratti militari statunitensi). Alla realizzazione di tali contratti, inoltre, si accompagnerà un'intensificazione dello scambio di tecnologie, ricerca, e sviluppo di nuovi sistemi, oltre a permettere ad altri prodotti e sistemi Finmeccanica di essere più favorevolmente considerati nel processo delle acquisizioni belliche statunitensi. La realtà è un po' diversa.
Con l'acquisizione di DRS (il cui direttivo rimarrà solidamente in mano all'attuale management statunitense), Finmeccanica e i suoi dirigenti entrano nel circolo dell'apparato «securitario» statunitense che - attraverso le limitazioni di legge all'influenza di gruppi stranieri sulla produzione bellica statunitense nonchè attraverso i meccanismi con cui si regolano i vari gradi di accesso dei dirigenti dell'industria bellica a informazioni segrete o sensibili - producono una reale sudditanza alle scelte strategiche delle Amministrazioni Usa e al loro apparato di intelligence. Le politiche produttive, di esportazione, e di alleanze di Finmeccanica verranno costantemente vagliate alla luce dei loro possibili contrasti con quelle scelte strategiche (ed eventualmente influenzate), mentre nello stesso tempo verrà creato un oggettivo e forte interesse da parte di uno dei maggiori gruppi industriali bellici europei a sostenerle onde non compromettere la «magica» permanenza sul mercato statunitense.
Va da sè che pezzi della politica estera italiana (semmai ce ne fosse bisogno) diverranno più sensibili alle pressioni statunitensi, per dirla con un eufemismo, in particolare in relazione al Medio Oriente e all'Afghanistan e in relazione alla costruzione di un'autonoma macchina bellica europea centrata sull'asse franco-tedesco. In altre parole, l'Italia si avvicina maggiormente alla funzione di cavallo di troia statunitense svolta da sempre dalla Gran Bretagna in Europa e si allontana da Parigi e Bonn (il cui asse non è peraltro ormai molto solido). Probabilmente, le cose non saranno così nette, ma sarebbe interessante sapere - oltre a quelo che è già noto - quanto ha pesato sulla fattibilità dell'accordo l'azione del precedente governo Berlusconi, del governo Prodi (durante il quale a Finmeccanica è stato concesso di fare dei passi sulla partecipazione al sistema di «difesa» anti-missilistica strategica statunitense, la cosiddetta Strategic Defense Initiative), e di membri del board dei direttori di Finmeccanica come l'ex consigliere di politca internazionale di Prodi, Filippo Andreatta (figlio del più famoso Beniamino), e Giovanni Castellaneta, attuale ambasciatore italiano a Washington.
Sarebbe poi interessante sapere qualcosa sulle linee direttrici contenute nell'Accordo Speciale di Sicurezza che accompagna quello finanziario tra Finmeccanica (in realtà attraverso una sua emanazione, la Dragon Merger Sub Inc., incorporata all'uopo il 6 maggio 2008, presidente Simone Bemporad, CEO di Finmeccanica Nordamerica, nello Stato del Delaware, ove sono registrate, per le molto «particolari» facilitazioni che consente, buona parte delle multinazionali statunitensi) e DRS.
Attività di DRS Technologies
Dove sono i segreti

In quell'accordo stanno probabilmente tutte le limitazioni all'attività di Finmeccanica e anche qualche altro segreto. IntesaSanPaolo, Mediobanca-Banca di Credito Finanziario e Unicredit - che sorreggeranno insieme a Goldman Sachs International, Lehman Brothers e Merrill Linch - il percorso creditizio connesso all'operazione, potrebbero pure saperne qualcosa. Proprio da una rappresentante della Merrill Linch è venuta - durante la conferenza stampa organizzata il 13 a Londra da Finmeccanica e DRS - una domanda interessante: «Uno dei business attuali della DRS è il programma SSP, che rappresenta il 23% del target dei profitti 2008. La più parte di questo programma è connesso con il supporto [delle operazioni} in Afghanistan e Iraq. Non dovremmo essere preoccupati circa l'avvenire reale di tali profitti nei prossimi due o tre anni?» Risposta di Mark Newman, CEO della DRS: «Quello che è stato comprato per le operazioni in Aghanistan e Iraq doveva e dovrà (perché consumato) comunque essere comprato dai militari per sostenere i loro sistemi e non ci dovrebbe essere un declino. Inoltre, noi non sappiamo se in due o tre anni noi saremo fuori dai quei Paesi».
La guerra continua e Finmeccanica ne trarrà buoni profitti se i suoi dirigenti supereranno gli esami di «maximum security clearance» (l'accesso ai segreti) messi in opera dal Defense Seucrity Service del dipartimento della Difesa statunitense.

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