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Il momento della verità

Nuova Zelanda, si apre la conferenza per la messa al bando delle bombe a grappolo
Alessandro Ursic
Fonte: Peacereporter - 18 febbraio 2008

E' una tappa intermedia tra il sorgere dell'iniziativa e l'obiettivo finale della completa messa al bando. Ma la conferenza di cinque giorni sulle bombe a grappolo, apertasi oggi in Nuova Zelanda, rappresenta un appuntamento dove un consenso generale per l'abolizione di questi ordigni è tutto da costruire. A Wellington sono presenti circa 500 delegati di 122 Paesi, ma non ci sono i maggiori produttori e manca anche quasi la metà degli Stati che possiedono ancora questi strumenti di morte e di mutilazione, spesso della popolazione civile. Si lavora per arrivare a un accordo il prossimo maggio a Dublino. Quale tipo di intesa si raggiungerà, però, non è ancora chiaro.

Il processo di Oslo.
L'iniziativa per vietare le cluster bomb – ordigni che prima di toccare il suolo si dividono in migliaia di piccole munizioni, molte delle quali rimangono però inesplose – è partita l'anno scorso per merito di Austria, Irlanda, Messico, Nuova Zelanda, Norvegia, Perù e Vaticano, dando vita al cosiddetto “processo di Oslo”. Finora i Paesi aderenti sono 83. Ma tra questi non figurano Stati Uniti, Russia, Cina, Israele o Pakistan, cioè alcuni dei più grandi tra i 34 Paesi produttori. E in Nuova Zelanda, alla conferenza organizzata dall'organizzazione-ombrello Cluster Munitions Coalition (Cmc), sono arrivati rappresentanti di 41 Paesi sui 76 di quelli che hanno le bombe a grappolo nei loro arsenali. “Questo è il momento della verità, in cui i Paesi devono mostrare la loro risolutezza e il loro impegno verso la negoziazione di un nuovo trattato”, ha detto a Wellington il coordinatore della Cmc, Thomas Nash.
Bomba Cluster
Le vittime civili.
Nessuno mette in dubbio la potenza distruttiva di questi ordigni, né il fatto che la maggior parte delle sue vittime non siano militari. Non ci sono rapporti ufficiali sul numero di persone uccise o mutilate. Ma secondo l'organizzazione Handicap International, il 98 percento delle vittime sono civili, mentre l'Unicef ha calcolato che il 40 percento delle persone colpite sono bambini, che raccolgono gli ordigni inesplosi per giocarci. Sono almeno 25 gli Stati ancora infestati dalle cluster. Le munizioni inesplose rimangono sul terreno per decenni: in Laos, si stima siano presenti ancora 270 milioni di munizioni dagli anni Sessanta e Settanta. E nel conflitto tra Israele e Hezbollah dell'estate 2006, quando lo Stato ebraico lanciò circa un milione di cluster bomb, nell'anno successivo alla fine delle ostilità sono state circa 200 le persone che hanno perso la vita per colpa di questi ordigni.

Pressioni per annacquare il trattato.
“Stiamo cercando di proibire le munizioni a grappolo che causano un danno inaccettabile ai civili”, ha detto il presidente del convegno, l'ambasciatore neozelandese al disarmo Don Mackay. Ma, anche tra i rappresentanti delle nazioni presenti a Wellington, le posizioni sono diverse. Secondo la Cmc, Paesi come Francia, Germania, Gran Bretagna e Giappone stanno facendo pressioni diplomatiche per annacquare il trattato finale, escludendo alcuni tipi di bombe a grappolo dalla messa al bando o istituendo un periodo di transizione per la sua applicazione. Un primo effetto, comunque, il “processo di Oslo” l'ha già raggiunto. Nell'attesa di vedere come si svilupperanno i negoziati, in molti Paesi la produzione di cluster bomb è stata sospesa.

Note: Articolo al link http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=10169
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