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Belgrado spera in Putin, ma prepara le armi

Thomas S. Porena
Fonte: Limes online - 17 dicembre 2007

La Serbia fa sapere di essere pronta a reagire ad un’eventuale dichiarazione d’indipendenza del Kosovo. Sono stati predisposti piani speciali di intervento militare sia per difendere gli abitanti della parte serba del Kosovo sia per predisporre dei cordoni di difesa per far fuoriuscire i serbi dalla regione in seguito a possibili azioni militari albanesi.

Il consigliere di Kostunica, Aleksandar Simic e la voce del vescovo Artemije (il patriarca Pavle è molto malato) insistono sull’uso della forza per salvare il Kosovo-Metohija. Intanto al confine si stanno preparando gruppi paramilitari, come la Guardia dello zar Lazar, pronta -in caso di dichiarazione d'indipendenza- a fare il suo ingresso in territorio kosovaro “sterminando tutto ciò che vive, non risparmiando nemmeno donne e bambini”.

Il portavoce del Srs (Partito radicale serbo) Dragan Todorovic ha affermato che “la guerra è una giusta soluzione, se non ve ne sono delle altre, ma in questo caso l’alternativa c’è e si chiama Russia”. Anche il presidente del Partito Socialista Ivica Dacic insiste sul possibile uso dell’esercito: nel caso la Kfor non riesca ad assicurare la popolazione serba, saranno le Forze Armate terrestri di Belgrado a difenderla. Kostunica sintetizza le varie posizioni con un no secco al piano Ahtisaari e rimanda al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, certo del sostegno della Russia di Putin.

I finanziamenti promessi dall’Ue non permettono di mostrare i denti, anche se i dibattiti in televisione (sia in quella pubblica, sia in quelle private e soprattutto nelle emittenti locali) contribuiscono ad aumentare la tensione. Kostunica continua con la linea dura. Nelle città minori e nelle campagne gli esponenti di Nuova Serbia, partito attualmente al governo con il Partito Democratico (Dss), del Partito radicale (il più numeroso del Parlamento) e l'autoproclamata Ong Nasi (I nostri) aizzano la popolazione contro gli oppositori di sinistra. Sintomatico è ciò che è successo ad Arandelovac nei confronti di Pescanik, trasmissione di Radio B92 e pubblicazione di sinistra.

La tavola rotonda che avrebbe dovuto tenersi nella Casa della cultura di questa piccola città serba è stata contestata da un nutrito gruppo di cittadini e da membri della giunta comunale. Promossa da Nuova Serbia, ma composta anche da molti elettori del presidente Kostunica e da nostalgici di Milosevic, la contestazione dei “nasi” ha accusato i relatori della tavola rotonda di tradimento e di essere antiserbi.
B92 viene considerata alla stregua delle Ong o dei centri di monitoraggio sul rispetto dei diritti dell’uomo, cioè come un gruppo di pressione occidentale il cui scopo è frustrare la dignità serba e inibire ogni forma di serbità diversa da quella proposta dalla politica di maggioranza. Sicuramente la schiacciante vittoria di Putin (le cui foto sono state esposte dai manifestanti di Arandelovac) in Russia, unica nazione considerata aprioristicamente amica del popolo serbo, ha riacceso l'odio verso “l’Occidente”. Sono proprio gli indicatori di democrazia ad essere presi di mira sia in Russia che in Serbia.
In realtà l'isteria creata intorno alla possibile perdita del Kosovo serve anche per distogliere l'attenzione dal malcontento - crescente nella società serba- per una lenta e difficile transizione. Il processo di privatizzazione voluto da Bruxelles sta indebolendo il sistema statale con conseguenti scioperi e difficoltà finanziarie, oltre a destabilizzare la scuola e la sanità.
Per gli abitanti delle città sono probabili le ricadute benefiche in termini di occupazione, ma rischia di peggiorare seriamente la situazione delle campagne (ancora oggi un vastissimo bacino elettorale per la destra), che temono moltissimo l’entrata in Europa, anche perché avranno gravi problemi con i brevetti.
Tramite i media si sta creando un clima di sospetto molto forte, per cui essere tacciati di antiserbismo diventa una delle prime categorie per giudicare le persone; la delegittimazione degli europeisti di centro-sinistra è un pericolo reale.

Il partito democratico (DS) di Boris Tadic, che si è sempre tenuto in disparte rispetto all’aggressività di Kostunica, è arrivato al punto di doversi differenziare dalle dichiarazioni dei Dss. Un loro esponente, il consigliere del primo ministro Aleksandar Simic, sta facendo affermazioni che, oltre a frenare la difficile modernizzazione e democratizzazione del paese, riportano la Serbia davanti a un baratro psicologico. La società serba è divisa tra la voglia razionale di futuro e l'angoscia irrazionale di perdere la propria identità. “Se le montanti campagne d'odio contro ogni forma di pensiero critico daranno l'egemonia alla destra, sarà proprio il Partito Democratico l’unico a potersi differenziare senza ostilità diretta dai Dss -troppo invischiati nella destra radicale- e a poter proporre una reale alternativa.”

Secondo il sondaggio del “Center for community development” e dello “Strategic Marketing Research group”, le istituzioni che ispirano più fiducia nei serbi kosovari sono la chiesa serbo-ortodossa (92%), il premier serbo Vojislav Kostunica (86%), l'esercito serbo (80%), il presidente serbo Boris Tadic (77%).

I maggiori partiti serbi hanno forti legami con Putin e la sua Russia Unita. Kostunica e i Dss hanno formulato uno sporazum (concordato di collaborazione) con il partito russo. Nell’ottobre 2007 i funzionari del governo serbo e i rappresentanti dei democratici serbi sono stati accolti al congresso di Russia Unita. Kostunica, che si è incontrato più volte col presidente russo, ha dichiarato che la politica di Mosca e quella di Belgrado per quel che concerne il Kosovo sono in totale accordo. I Radicali dal canto loro hanno tentato di dimostrare che il loro patriottismo e la loro politica estera indipendente sono sulla stessa lunghezza d’onda di quella di Putin e che ciò rappresenta la fondamentale differenza rispetto ai “partiti della NATO”.
Benché apertamente euro-entusiasta, con affermazioni univoche rispetto all’entrata della Serbia nell’Ue, anche il partito democratico di Boris Tadic per un lungo periodo ha dichiarato che la politica del partito guarda sia ad Occidente che ad Oriente.

Note: Articolo originale al link http://limes.espresso.repubblica.it/2007/12/17/belgrado-spera-in-putin-ma-prepara-le-armi/?p=412
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