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Rete Disarmo ed Amnesty International (promotori italiani di Control Arms) denunciano insieme a numerose ONG europee

MISSILI, PISTOLE E MOTORI “MADE IN UE” MINACCIANO DI COMPROMETTERE L’EMBARGO SULLE ARMI A MYANMAR

Fonte: Rete Italiana per il Disarmo - 16 luglio 2007


Il ventilato trasferimento dall’India a Myanmar (l’antica Birmania) di un elicottero militare contenente tecnologia e componenti provenienti da almeno sei paesi dell’Unione europea (Ue) minaccia di compromettere l’embargo deciso dalla stessa Ue nei confronti della fornitura di armi al paese asiatico.

Un rapporto diffuso oggi da un gruppo di Organizzazioni non governative (Ong) europee e internazionali, tra cui Rete Disarmo, Saferworld e Amnesty International, cita fonti credibili secondo le quali il governo indiano sta per trasferire a Myanmar l’Advanced Light Helicopter (Alh), un elicottero d’attacco prodotto in India ma che non potrebbe funzionare senza componenti essenziali di provenienza europea. Questo caso, sottolineano le Ong, mette in evidenza quanto siano indispensabili e urgenti controlli più rigorosi dell’Ue in materia di armi.

Se questo trasferimento andasse in porto, Belgio, Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Svezia potrebbero mettere a repentaglio l’embargo imposto dall’Ue nel 1988 nei confronti di Myanmar.

I vari modelli dell’Alh contengono lanciamissili fatti in Belgio, missili, pistole e motori francesi, freni prodotti in Italia, serbatoi per il carburante e scatole del cambio britanniche, equipaggiamenti per l’autodifesa fabbricati in Svezia. Aziende tedesche hanno svolto un ruolo determinante nello sviluppo del design dell’Alh.

Roy Isbister, di Saferworld, ha affermato: “L’embargo Ue dice espressamente che nessun equipaggiamento militare dovrà essere fornito, direttamente o indirettamente, per essere usato in Myanmar. Che senso ha un embargo se non viene applicato o fatto rispettare?”.

Myanmar ha una storia ampiamente documentata di gravi violazioni dei diritti umani, che le Nazioni Unite hanno descritto come diffuse e sistematiche, tra cui esecuzioni sommarie, torture e il reclutamento di bambini soldato.

Secondo Helen Hughes, ricercatrice di Amnesty International sul controllo delle armi, “occorre maggiore attenzione ai cosiddetti accordi sull’uso finale e sulla riesportazione di componenti da parte degli Stati membri dell’Ue. Altrimenti, questi Stati potranno finire indirettamente per rafforzare un regime brutale che loro stessi condannano e le cui violazioni dei diritti umani costituiscono crimini contro l’umanità”.

Info Birmanie – Burma Campaign, un’Ong francese, afferma che “l’Ue deve rispettare l’obbligo che si è data di impedire che i suoi equipaggiamenti militari vengano usati da Myanmar e sollecitare il governo indiano a bloccare il trasferimento dell’Alh. Forniture ‘made in Ue’ non devono essere usate per compiere violazioni dei diritti umani in Myanmar”.

Il rapporto diffuso oggi identifica anche aziende statunitensi coinvolte nella produzione di equipaggiamento militare per l’Alh, a dispetto dell’embargo sulle armi imposto dagli Usa a Myannar. Al momento, non esistono restrizioni sul trasferimento di questi materiali dall’India a Myanmar.

Il rapporto chiede all’Ue di avviare immediate consultazioni col governo indiano. Se l’India intende fornire, o ha addirittura già fornito, gli elicotteri Alh a Myanmar, l’Ue dovrebbe:
- ritirare tutte le licenze di autorizzazione all’esportazione esistenti e rifiutare ogni ulteriore richiesta d’autorizzazione riguardante il trasferimento di tecnologia o componenti che potrebbero essere usate sull’Alh;
- interrompere le coproduzioni con l’India che potrebbero dar luogo al trasferimento di equipaggiamento coperto da embargo a Myanmar;
- sottoporre tutte le future licenze per il trasferimento di beni controllati e tecnologia all’India a condizioni rigorose ed effettivamente applicabili, tali da proibire la loro riesportazione verso paesi sotto embargo.

Oltre a migliorare le pratiche europee e nazionali, gli Stati membri dell’Ue dovrebbero dare pieno supporto agli attuali sforzi per sviluppare un Trattato internazionale sul commercio delle armi, che dovrebbe istituire regole vincolanti e globali su tutti i trasferimenti di armi in linea con le norme del diritto internazionale e con gli standard sui diritti umani.

Questo Trattato è l’obiettivo della campagna Control Arms, che in Italia è rilanciata da Amnesty International e dalla Rete italiana per il Disarmo. Le due organizzazioni sottolineano che il rapporto diffuso oggi e il caso citato riguardante un’azienda italiana evidenziano come occorra un alto livello di trasparenza e di controllo perché anche operazioni consentite dalla legge siano coerenti con i principi di sicurezza e di salvaguardia dei diritti umani. La legge italiana sull’export di sistemi d’arma è di buon livello ma senza una conoscenza precisa di tutti i dati relativi alla vendita di un’arma (o anche solo di un componente d’armamento) il rischio è quello di favorire, con il lavoro e la tecnologia italiani, governi che violano i diritti umani o che continuano a fomentare focolai di tensione e conflitto nel mondo.

Su questi temi, Amnesty International e la Rete italiana per il Disarmo stanno portando avanti un confronti con il parlamento e il governo italiani.

Scheda sull’origine delle parti dell’Alh:

Belgio:
lanciamissili prodotti da Forges de Zarbrugge FZ

Francia:
motori prodotti da Turbomecca
pistole prodotte da GIAT
missili prodotti da Matra Bae Dynamics

Germania:
componenti per il controllo del volo e del motore prodotti da SITEC Aerospaces
sviluppo del design da parte di Eurocopter

Italia:
sistema frenante prodotto da Elettronica Aster SpA

Regno Unito:
sistema idraulico fornito da APPH Precision Hydraulics Ltd
equipaggiamento per il galleggiamento, sistema di serbatoi di carburante autosigillanti fornito da FPT Industries
serbatoi per il carburante, equipaggiamento per il galleggiamento e scatole del cambio forniti da GKN Westland

Svezia:
equipaggiamento di autodifesa fornito da Avitronic, un’azienda di cui Saab AB è comproprietaria.

Allegati

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