Sugli F35 il ministro Di Paola continua a dare i numeri

In periodo di ristrettezze di bilancio, di pesanti sacrifici ricadenti su lavoratori e pensionati e di mancanza di risorse da investire per la ripresa economica e per l’inclusione sociale di milioni di giovani condannati al precariato, sfido l’ammiraglio Di Paola - se è così convinto di quello che dice - a pagare lui la differenza tra le cifre dichiarate e il costo effettivo che avranno gli F-35
Gianni Alioti (Ufficio Internazionale Fim-Cisl)
Fonte: Unimondo - 06 marzo 2012

L’attuale Ministro della Difesa, l’ammiraglio GianPaolo Di Paola (già Segretario Generale della Difesa, direttore degli armamenti e presidente del Comitato Militare della Nato) - come i suoi illustri predecessori - continua sugli F35 a “dare i numeri”.

Non mi sento di dire se lo fa in malafede o per ignoranza, ma riguardo ai costi di ciascun caccia-bombardiere che l’Italia si appresta a comprare, il ministro continua a sostenere cifre prive di fondamento.

Lo ha fatto di nuovo davanti le commissioni Difesa di Camera e Senato, dove ha sostenuto che il costo iniziale di ciascun aereo sarà di 80 milioni di euro, per poi scendere a 70 - fino a 60 milioni di euro.

Può darsi che i suoi ottimi rapporti con la Lockeed Martin gli facciano strappare dei contratti di acquisto più vantaggiosi di quanto i suoi colleghi del Pentagono riescano a ottenere dall’azienda americana, ma ho i miei dubbi.

In periodo di ristrettezze di bilancio, di pesanti sacrifici ricadenti su lavoratori e pensionati e di mancanza di risorse da investire per la ripresa economica e per l’inclusione sociale di milioni di giovani condannati al precariato, sfido l’ammiraglio Di Paola - se è così convinto di quello che dice - a pagare lui la differenza tra le cifre dichiarate e il costo effettivo che avranno gli F-35.

Se non ha il coraggio di assumersi questa responsabilità abbia la dignità di dimettersi o, almeno, di ammettere la sua ignoranza. La maggioranza delle persone che pagano le tasse sono stufi di essere il “bancomat senza limiti di spesa” di coloro che ci governano, a maggior ragione quando si “truccano le carte”.

Per fare chiarezza sul programma F35 basta documentarsi sui dati del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti (DOD) e degli studi che i centri di ricerca mettono puntualmente a disposizione dei congressisti americani, molto più esigenti (ma anche rispettati) di quelli italiani.

Per prima cosa riassumiamo () lo stato di acquisizione, da parte del DOD, di aerei F35 nell’ambito della produzione dei lotti pre-serie (l’aereo nelle sue differenti versioni non ha ancora superato tutti i test di volo per la certificazione e le versioni F-35B e F-35C non hanno risolto tutti i problemi di natura tecnica). A partire dal 2007 ad oggi gli Stati Uniti hanno già ordinato alla Lockeed Martin 65 F-35A, 48 F-35B e 18 F-35C. Per il prossimo anno (2013) prevedono a budget l’acquisto di altri 29 aerei (13 in meno di quelli previsti inizialmente).

Dal 2013 al 2017 gli Stati Uniti dovrebbero acquisire 244 aerei anziché i previsti 423 (oltre il 40% in meno). Questa decisione già presa potrebbe subire nuovi tagli sulla base della discussione in corso nel Congresso Usa, poco disposto ad accettare l’aumento continuo dei costi c Di Paola firma MOU omplessivi di un programma, troppo “grande per fallire”, ma sempre più ingombrante. Il costo globale del programma sta sfondando, per i ritardi accumulati, i 400 miliardi di dollari rispetto ai 232 miliardi del 2002.

riporta i fondi a budget per l’anno fiscale 2013, in confronto con i soldi già spesi nel 2011 e 2012, relativi al programma F-35. La tabella separa i fondi destinati per le attività di ricerca e sviluppo dai fondi necessari per l’acquisto dei 29 aerei nelle differenti versioni.

Ciò permette di calcolare esattamente il costo unitario per tipo di aereo su cui il Dipartimento della Difesa degli Usa firmerà il contratto con la Lockeed Martin.

Il costo unitario della versione F-35A destinato all’Air Force è di 176,5 milioni di dollari (pari a 133,7 milioni di euro, secondo il cambio attuale); mentre il costo unitario delle versioni F-35B e F-35C per Marines e Navy (le versioni così care all’ammiraglio Di Paola per sostituire i caccia in dotazione della Marina Militare) è di ben 263,9 milioni di dollari (pari a 200 milioni di euro).

Le cifre che emergono, di cui Governo, Ministro e Segretario Generale Difesa, oltre la Direzione Armamenti Aeronautici non possono non essere a conoscenza, sono lontanissime “dai numeri” che continuano a fornire ufficialmente nelle audizioni parlamentari, in dichiarazioni e interviste.

Sia che lo facciano in malafede o per ignoranza, è istituzionalmente grave e inaccettabile, a maggior ragione in un clima politico dove domina la retorica su “rigore”, “trasparenza” e “meritocrazia”.

Ricordiamo che i costi unitari degli F-35 sono destinati a crescere ancora nel tempo (dopo essere più che triplicati rispetto al costo iniziale previsto dalla Lockeed Martin). La ragione è semplice. Negli Usa è forte la pressione bipartisan per non confermare l’acquisto degli F-35B e F-35C per la Marina e il Corpo dei Marines. In primo luogo per i problemi tecnici non risolti, in secondo luogo per la “peggior pratica d’acquisto” nella storia del Pentagono (si stanno comprando aerei in produzione senza che abbiano ancora ottenuto la certificazione di volo), in terzo luogo per gli ingenti costi che ipotecheranno gran parte delle spese militari Usa nei prossimi anni, dopo che il programma è costato finora più di 70 miliardi di dollari ()

In seguito a questa realtà cresce - di fronte agli obiettivi di riduzione del bilancio pubblico e delle spese militari - la pressione verso l’amministrazione americana affinché sia mantenuto solo l’acquisto per l’Air Force, cancellando i 680 aerei destinati a Marines e Navy o, addirittura, tagliare il numero finale di F-35 dai 2 mila e 443 aerei previsti a mille.

Nel contempo tutti i partner internazionali del progetto (Regno Unito, Italia, Paesi Bassi, Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca) e i paesi acquirenti (Singapore, Israele e Giappone) stanno decidendo - per i ritardi del programma e la lievitazione dei costi - o di rinviare la decisione d’acquisto (al 2015) o di ridurre il numero di aerei da comprare o entrambe le cose. Inoltre, tutti i paesi chiedono una maggiore compensazione industriale (offset) sul programma, moltiplicando i luoghi di produzione.

Rispetto a questa situazione ancora in movimento, l’unica cosa certa è che la soglia di 3.100 aerei, ipotizzata dal programma multinazionale del Joint Strike Fighter F-35 a livello multinazionale, non sarà più raggiunta e - frustrata l’illusione di sfruttare l’economie di scala - i costi unitari per aereo sono destinati a crescere a dismisura e l’investimento per ciascuna linea di assemblaggio risulterà antieconomica (a partire da quella di Cameri).