La campagna contro i caccia F-35 chiede di essere ascoltata dal Parlamento

I vertici della Difesa continuano a diffondere in maniera poco trasparente e senza confronto i propri dati sul programma dei caccia F-35: le organizzazioni che si oppongono all'acquisto auspicano una chiara e completa discussione parlamentare anche a partire da proprie analisi e studi
Fonte: Campagna "Taglia le ali alle armi!" - 01 febbraio 2012

Nella giornata di oggi la Commissione Difesa della Camera dei Deputati ha ascoltato in audizione il Generale Debertolis, Segretario Generale della Difesa e Direttore Nazionale degli Armamenti, in relazione all'attuazione del programma di armamento Joint Strike Fighter.

Dopo la comparsa a Roma del vice-presidente del programma F-35/JSF Tom Burbage di Lockheed Martin e dopo le numerose esternazioni televisive e giornalistiche del Ministro-Ammiraglio Di Paola (tutte senza alcun tipo di contraddittorio) si è trattato di una nuova occasione di celebrazione del programma d'acquisto dei caccia d'attacco “made in USA” e dei fantomatici aspetti positivi per il nostro Paese.

Mentre è chiaro l'obiettivo dei dirigenti della Lochkeed Martin (che si trova in difficoltà estrema visti i ritardi del programma, i costi aumentati che il Pentagono non vuole pagare e la riduzione degli ordinativi USA di quasi la metà dei velivoli ipotizzati) non si comprende come mai i vertici della Difesa continuino a rapportarsi al programma dei caccia F-35 con nessun tipo di ripensamento. Lo stesso Ministro-Ammiraglio Di Paola mentre continua a sottolineare come qualsiasi rimodulazione dei programmi d'armamento debba essere conseguente al ripensamento del Modello di Difesa (ma fatto da chi? dai tecnici o dal Parlamento?) afferma quasi contraddicendosi che invece “rinunciare agli F-35 sarebbe sbagliato e costoso”.

Eppure nessuno è stato in grado finora di quantificare il numero delle aziende italiane coinvolte e le cifre effettive del ritorno industriale (elementi richiesti ufficialmente dalle Commissioni parlamentari al momento del voto positivo sul programma nel 2009) mentre i costi stimati di acquisto (almeno 15 miliardi di euro) continuano a salire. Dopo la caduta della “foglia di fico” delle penali inesistenti (da sempre portate come motivazione dell'impossibile rinuncia e recentemente smascherate) è questa l'unica linea difensiva del programma reiterata quasi meccanicamente mentre gli altri paesi partner stanno esplicitando tutti i loro dubbi: ne sono prova sia la riduzione degli ordini statunitensi sia le recentissime dichiarazioni del Ministro della Difesa Australiano Stephen Smith che ha fatto slittare di alcuni anni la decisione di acquisto del proprio paese.

Ci domandiamo come mai non si possa avere un confronto né discutere in alcun modo la situazione reale della partecipazione italiana a questo programma (nascondendosi dietro vantaggi economici solamente favoleggiati) mentre nel contempo gli Stati Uniti continuano a cancellare commesse all'industria italiana (ultima quella del cargo C-27J) e intanto riducono i propri ordini di caccia JSF. La motivazione? Il Pentagono è ben conscio di trovarsi di fronte ad un progetto non ancora maturo e con svariati problemi anche di volo, per cui la pressione all'acquisto di aerei incompleti (e che saranno da aggiornare dopo poco tempo) è tutta sugli alleati.

La campagna “Taglia le ali alle armi” nel rinnovare la propria contrarietà a questo progetto costoso, inutile, problematico ed anche in alcuni termini contrario allo spirito della nostra Costituzione chiede che il Parlamento possa ascoltare sul progetto Joint Strike Fighter anche le organizzazioni e le campagne che, sulla base di dati ed analisi documentate, sono contrarie a tale acquisto. Tutte le decisioni riguardanti i programmi d'armamento dovrebbero essere sospese in attesa di una ridefinizione complessiva, da affidare al Parlamento, del nostro modello di Difesa e del ruolo da affidare alle Forze Armate per l'Italia del futuro. Prendere ora una decisione che ci costringerebbe ad un matrimonio forzato per 40 anni con il caccia F-35 sarebbe dannoso ed anche insensato.

La campagna è promossa da Rete Italiana per il Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace ed ha lanciato per tutto febbraio un mese di mobilitazione di respiro nazionale. L'intenzione è quella di esplicitare all'opinione pubblica l'alto spreco di risorse che deriverebbe dall'acquisto di tali caccia (senza nessuna sicurezza di fantomatici ritorni economico-industriali) evidenziando al contrario le alternative, possibili tutte socialmente utili e in grado di creare molti posti di lavoro risultando di forte stimolo per l'economia. Un simbolo forte della problematicità in generale delle spese militari e non solo per il programma F-35 che viene segnalato in quanto più costoso e problematico, ma che serve soprattutto a dimostrare che le priorità vere del nostro paese non possono passare per armi, cannoni e cacciabombardieri