Gran Bretagna, Olanda & co: la carica degli anti F-35

LA MAPPA DEI PAESI CHE STANNO LASCIANDO IL PROGRAMMA DEI JET
13 febbraio 2013 - Daniele Martini
Fonte: Il Fatto Quotidiano - 13 febbraio 2013

Se non è una fuga dagli F-35 poco ci manca. Perplessi di fronte ai clamorosi difetti del cacciabombardiere Lockheed Martin emersi durante le prove, spiazzati dai costi in crescita, dubbiosi circa l'utilità di un sistema d'arma così sofisticato da risultare paradossalmente vulnerabile, sette dei nove paesi del programma internazionale guidato dagli Stati Uniti, ci stanno ripensando. La lista delle marce indietro totali o parziali è stata fornita in una conferenza stampa da Francesco Vignarca, autore di "Armi, un affare di Stato" (edizione Chiarelettere) ed esponente con Rete italiana per il disarmo, Tavola della pace e Sbilanciamoci, del movimento che  partito in sordina 4 anni fa, è via via riuscito a imporre il tema degli F-35 all'attenzione dell'opinione pubblica italiana. Secondo le rilevazioni di Vignarca i paesi pentiti o dubbiosi sugli F-35 sono Olanda, Australia, Canada, Turchia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna. Gli unici che vanno avanti senza apparenti tentennamenti, ma con approcci differenti, sono gli Stati Uniti, dove Lockheed Martin ha la sede, e l'Italia che partecipa al progetto con Alenia-Aermacchi del gruppo Finmeccanica. Negli Usa il dibattito sugli F-35 è comunque aspro e alla luce del sole; qui da noi è rimasto per anni opaco e sottotraccia tanto che oggi c'è chi comincia a chiedersi – come fa pubblicamente Nichi Vendola –, se il caparbio attaccamento italiano  all'affare non nasconda qualcosa di poco commendevole, tipo tangenti.

L’inchiesta di Amsterdam e il rinvio del Parlamento

L'Olanda dopo aver detto sì all'acquisto di 85 jet, ha votato contro in Parlamento rinviando ogni decisione definitiva alla conclusione di un'inchiesta sull'affare, presumibilmente nel 2015. L'Australia sembrava JSFail volesse comprare 100 F-35, ma nel frattempo ha deciso di acquistare 24 Boeing Super Hornet e quindi, di fatto, è come se avesse messo un freno all'acquisto del jet Lockheed. In Canada, paese candidato ad acquisire 80 velivoli, la polemica  sugli F-35 è diventata un caso nazionale dopo che il Parlamento ha scoperto di aver ricevuto dal governo dati parecchio sottostimati sui costi del velivolo. L'esame dei conti è stato affidato a una società esterna, la Kpmg, la quale ha certificato che in 40 anni il programma sarebbe costato 45 miliardi di dollari, tre volte la cifra ufficiale fornita. In Turchia hanno rinviato l'acquisto dei primi due F-35, mentre la Norvegia, dopo aver prenotato 48 aerei, minaccia di non farne niente se su di essi non sarà piazzato il suo missile Kongsberg. Anche la Danimarca sembrava volesse dotarsi di 48 cacciabombardieri Lockheed,  ma poi ha riaperto la gara aprendo la porta al Super Hornet o ad altri eventuali modelli.

Italia, mosca bianca al seguito USA

Infine la Gran Bretagna che sembrava il partner più stretto degli Usa, dopo aver preso in considerazione l'acquisto di 138 aerei, ha rinviato la decisione di altri due anni subordinandola alla stesura del nuovo programma strategico di difesa  e comunque sembra orientata a un taglio dell'ordinazione di due terzi. In questo contesto di ravvedimenti, Stati Uniti e Italia fanno la figura di mosche bianche. In Italia il ministro Giampaolo Di Paola, all'opposizione crescente agli F-35 ha offerto l'offa della riduzione della commessa da 131 velivoli a 90, senza intaccare però l'impegno di spesa che resta di 13 miliardi di euro. Gli Stati Uniti di Barack Obama, infine, si stanno comportando come  fossero prigionieri della sindrome del too big to fail and too big to succed (troppo grande per fallire, ma anche troppo grande per avere successo). Hanno già speso troppo e assunto troppi impegni per potersi permettere il lusso di fare marcia indietro rispetto ai 2443 jet programmati, ma si rendono pure conto delle debolezze dell'affare e della necessità di non restare in balia del costruttore Lockheed, sottoposto senza sconti a esami severi.