F35: già spesi 3 miliardi di euro, ma sono «inutili e inaffidabili»

Dossier. Studi e dati della campagna «Tagliamo le ali alle armi»: dagli F35 nessun ritorno occupazionale o industriale
Giuliano Battiston
Fonte: Il Manifesto - 18 febbraio 2014

Di fronte all’opacità del mini­stero della Difesa, la cam­pa­gna «Tagliamo le ali alle armi» con­ti­nua a pro­porre dati, ana­lisi pun­tuali, numeri pre­cisi sui costi del pro­gramma di acqui­sto e svi­luppo per gli F-35, gli aerei da guerra che pos­sono tra­spor­tare anche ordi­gni nucleari. Ieri a Roma Fran­ce­sco Vignarca, coor­di­na­tore della Rete Disarmo, e Gra­zia Naletto, por­ta­voce della cam­pa­gna Sbi­lan­cia­moci!, hanno pre­sen­tato alla stampa i con­te­nuti del loro ultimo dos­sier: Cac­cia F-35. La verità oltre l’opacità.

I numeri par­lano di un pro­gramma estre­ma­mente costoso e inaf­fi­da­bile, la cui sorte dovrebbe inte­res­sare non solo i paci­fi­sti, ha sot­to­li­neato Vignarca, ma tutti coloro che «vogliono discu­tere nel merito il modello di Difesa che vogliamo, l’importazione gene­rale delle scelte eco­no­mi­che e finan­zia­rie del governo in un con­te­sto di grave crisi». Secondo i dati, il costo per i 90 cac­cia­bom­bar­dieri che l’Italia si è impe­gnata ad acqui­stare ammon­te­rebbe a 14 miliardi di euro, a cui andreb­bero aggiunti oltre 52 miliardi di euro per la gestione com­ples­siva del pro­getto. I costi di ogni sin­golo F-35 sareb­bero saliti a 135 milioni, men­tre l’Italia – così si deduce dai con­tratti sot­to­scritti con gli Stati Uniti, resi noti per la prima volta – finora avrebbe speso già 3,4 miliardi di euro: 2,7 miliardi per la Faco (Final Assem­bly and Check Out), la linea di pro­du­zione ita­liana per l’assemblaggio delle ali e dei veli­voli nella base aerea di Cameri, in pro­vin­cia di Novara, e 721 milioni per le fasi di acquisto.

F35 Tornare indietro - Biani Costi aumen­tati, che hanno già por­tato il Canada ad azze­rare la par­te­ci­pa­zione al pro­gramma per gli F-35, l’Olanda a ridurre il numero di veli­voli pre­no­tati da 85 a 37, e che in Ita­lia non pos­sono essere giu­sti­fi­cati dai ritorni occu­pa­zio­nali o indu­striali: per tutto il 2013, recita il dos­sier, «nono­stante l’inizio di assem­blag­gio dei primi cac­cia ita­liani ed alcune assun­zioni di gio­vani tec­nici, gli occu­pati nella Faco di Cameri non hanno mai supe­rato il migliaio». Quanto al ritorno indu­striale, attra­verso l’incrocio di fonti diverse e alla docu­men­ta­zione for­nita dalla stessa Loc­keed Mar­tin – l’azienda capo-commessa del pro­getto – il dos­sier con­ferma che finora per le aziende ita­liane c’è stato un rien­tro «di circa il 19% rispetto all’investimento pub­blico: meno di 700 milioni di euro sui 3,4 miliardi già spesi dal governo».

Per la cam­pa­gna, l’acquisto degli F-35 è costoso, inu­tile, insen­sato e tec­ni­ca­mente bal­le­rino: un rap­porto del 29 gen­naio scorso, tra­smesso al Con­gresso degli Usa da Michael Gil­more, diret­tore della sezione per i test ope­ra­tivi e la valu­ta­zione della Difesa sta­tu­ni­tense, elenca i difetti tec­nici che ren­dono inaf­fi­da­bili gli F-35. Nono­stante que­sto, il governo ita­liano spen­derà altri miliardi di dol­lari (sono quasi 2 quelli pre­vi­sti sol­tanto nel periodo 2014–2016) per acqui­stare gli F-35. «Una scelta irre­spon­sa­bile», per Gra­zia Naletto, che ha ricor­dato come nel trien­nio 2011–2013, l’Italia abbia sot­to­scritto con­tratti di acqui­sto di F-35 per «735 milioni di euro, di cui 480 solo nel 2013». Nel frat­tempo sono stati tagliati dra­sti­ca­mente il Fondo nazio­nale per le poli­ti­che sociali, men­tre la sanità subirà un taglio di 1 miliardo e 150 milioni di euro nel 2015–2016.

I pro­mo­tori della cam­pa­gna chie­dono che il Par­la­mento can­celli il pro­gramma per gli F-35, pre­ten­dendo «tra­spa­renza e un’informazione cor­retta», come richie­sto anche da Mas­simo Artini, depu­tato M5S e vice-presidente della com­mis­sione Difesa, di ritorno da un’ispezione nello sta­bi­li­mento di Car­neri. Per il depu­tato di Sel Giu­lio Mar­con è neces­sa­ria e urgente «una nuova discus­sione par­la­men­tare, quanto più uni­ta­ria e inci­siva pos­si­bile, per rilan­ciare la can­cel­la­zione defi­ni­tiva del pro­gramma sugli F-35». Una discus­sione che va avviata «non appena ter­mi­nerà l’indagine cono­sci­tiva della com­mis­sione Difesa», e che «oltre a dire un no defi­ni­tivo agli F-35 impe­gni il governo a ela­bo­rare un nuovo modello di difesa sulla base del det­tato costi­tu­zio­nale». I «Par­la­men­tari per la pace», il gruppo di depu­tati e sena­tori di diverso orien­ta­mento poli­tico impe­gnati sui temi del disarmo e della pace, avranno pre­sto l’occasione di gua­da­gnarsi sul campo il titolo che rivendicano.