F-35: cosa fanno i paesi partner del progetto?

Giorgio Beretta
Fonte: Campagna "Taglia le ali alle armi" - 20 febbraio 2012

Dopo la crisi economica della Grecia alcuni Governi europei hanno deciso di tagliare anche le spese militari, come la Gran Bretagna che ha annunciato un taglio dell’8% pari a 5 miliardi e 300 milioni di euro in 4 anni. La Francia taglia invece del 15% le sue spese risparmiando 5 miliardi in tre anni, mentre la Germania ha deciso di risparmiare 4,3 miliardi di euro, pari al 13,9% delle sue spese militari.
In particolare la Gran Bretagna con lo Strategic Defence and Security Revue, che è il suo piano decennale per la difesa, ha deciso di eliminare la tranche 3B dell’Eurofighter e di rinunciare alla versione F35B STOVL a decollo corto e di acquistare solo la versione C. A questo punto restano in campo per l’acquisto della versione B gli USA con 348 velivoli e l’Italia con 62. Oltretutto l’F35B è quella che sta incontrando maggiori difficoltà nello sviluppo tanto che il Segretario di Stato alla Difesa USA Gates nel gennaio 2011 ha concesso due anni per la soluzione dei problemi di prestazione, costi e tempi di realizzazione, passati i quali si procederà alla sua cancellazione.
L’Australia andrà a decidere nel 2012 se continuare l’acquisto di 100 F35 (controvalore 16,8 miliardi di dollari) o cercare un’alternativa realistica proprio per i ritardi nelle consegne e per il continuo lievitare dei costi. Le ultime notizie segnalano un pre-acquisto di 2 o 3 prototipi ed un blocco di ulteriori 12 velivoli invece previsti dagli accordi del 2007. Logo JSF
Il Canada ha chiesto al suo Parliamentary Budget Officer di condurre uno strudio sulla partecipazione al JSF. Il PBO ha stimato un costo complessivo per il Paese di 29,3 miliardi USA, compreso il mantenimento operativo. Diviso per i 65 velivoli da comprare  si traduce in un costo di circa 450 milioni di dollari (costanti 2009) per tutta la vita dell’aereo. Questo dimostra che il costo di mantenimento di un aereo del genere implica una spesa maggiore del raddoppio dei costi del velivolo. La Danimarca ha deciso di congelato per due anni la sua partecipazione al programma F-35. In attesa di sviluppi e di chiarimenti sui costi e sull’avanzamento avionico e tecnologico del programma. In Norvegia la polemica sull’acquisto ha raggiunto livelli molto alti, soprattutto perché diversi parlamentari hanno lamentato una copertura, da parte dei vertici militari, dei reali costi di acquisto e di gestione.
Un riassunto della situazione di partecipazione al programma dei vari partner è il seguente, e dimostra come le problematiche connesse allo sviluppo del Joint Strike Fighter siano evidentemente gravi e perciò suggeriscano una pausa di riflessione e non certo la decisione di acquisto finale (che sia di 131 o 90 aerei poco conta in tale contesto).

La Gran Bretagna – che è l’unico partner di Livello 1 – ha confermato il rinvio al 2015 della propria decisione sul numero complessivo di F-35 da acquistare rispetto ai 138 previsti in precedenza.
Sempre la Gran Bretagna ha deciso (come si evince dal bilancio 2011 del Ministry of Defence) di rinunciare alla versione a decollo corto e atterraggio verticale, per le sue portaerei e punta solo al modello C convertendo le Queen Elizabeth con cavi d’arresto e catapulte.

Nei Paesi Bassi (come l’Italia è partner di secondo Livello) Il ministro della Difesa, Hans Hillen, dopo la visita alla fabbrica degli F35 a Fort Worth in Texas ha affermato: “Lockheed Martin sa che dovrà lavorare duro per tenerci a bordo” e ha ribadito che “i Paesi Bassi sono ancora divisi riguardo all’acquisto di F-35”. Il Partito per la Libertà di Geert Wilders, da cui il governo di minoranza del primo ministro Rutte dipende per il sostegno parlamentare, si oppone agli investimenti multi-miliardi di euro per l’F-35. Secondo i termini dell’accordo di coalizione, la decisione finale su un ordine definitivo è rimandata al prossimo Governo

Canada (partner di terzo Livello): lo scorso ottobre uno studio del centro studi parlamentare canadese ha valutato che ogni velivolo sarebbe costato 148 milioni di dollari, cioè quasi il doppio di quanto inizialmente affermato dal Department of National Defence (75 milioni US$). Il 14 febbraio scorso sia il Ministro della Difesa, Peter MacKay, sia il Sottosegretario (e responsabile della questione), Julian Fantino, non hanno confermato il numero definitivo di caccia F35 che saranno acquistati. Le opposizioni hanno invece espresso ripetutamente il loro secco “no” a una spesa giudicata «eccessiva e controproducente».

L’Australia (partner di terzo Livello) sta ritardando l’acquisto e nel frattempo ha optato per i più economici FA-18s Hornets. Il 30 gennaio, il ministro della Difesa australiano Stephen Smith ha detto che Canberra è contrattualmente obbligata solo a prendere in consegna due caccia F-35.

La Norvegia (anch’essa partner di terzo livello) ha annunciato l’acquisto, ma la decisione definitiva del parlamento norvegese di impegnarsi ad acquistare almeno il 48 caccia F-35 è attesa nel 2012. La Royal Norwegian Air Force intenderebbe acquistarne fino a 56, ma come ha specificato il Ministro della Difesa “ciò dipende da costi finali”.

In Danimarca (partner di terzo livello) la Royal Danish Air Force sta considerando l’acquisto di 48 caccia F-35 in sostituzione dei caccia F-16: il Parlamento dovrà votare entro il 2012, ma si stanno prendendo in considerazione soluzioni alternative come il JAS 39 Gripen, F/A-18E/F Super Hornet, e l’Eurofighter Typhoon.

Interessante è il caso della Turchia (partner di terzo livello) che era intenzionata ad acquistare 116 caccia F-35; nel gennaio 2011 ci sono però state indicazioni che la Turchia stesse per riconsiderare la propria partecipazione al programma F-35 e la partecipazione alle forniture del velivolo sia per via dell’attrito con Israele, che ha portato gli Stati Uniti a ritardare (e non effettuare) le spedizioni di componenti per l’F-35 (che dovrebbe esser prodotto in loco da una sussidiaria della Northrop Grumman), sia per l’aumento dei costi complessivi del programma. Il 24 marzo 2011 la Turchia ha annunciato di aver sospeso il suo ordine per 100 aerei per il rifiuto degli Stati Uniti di condividere il codice sorgente del software per l’F35. Il ministro della Difesa Vecdi Gönül ha detto che i negoziati di accesso ai codici sorgente, compresi i codici che possono essere utilizzati per controllare a distanza il caccia, non hanno dato “risultati soddisfacenti”. Nonostante la controversia, la Turchia ha mantenuto nel gennaio 2012 un accordo di principio per due F-35A.

Ma soprattutto gli Stati Uniti stanno rivedendo il programma e il numero di velivoli che intendono acquistare: e questo farà naturalmente lievitare i prezzi unitari degli aerei.

Tutte queste considerazioni dimostrano come sarebbe più proficuo chiedersi se il modello di sviluppo americano, che si fonda sul ruolo chiave assunto dalla tecnologia militare (in senso duale), sia il migliore per risolvere la crisi industriale che investe il paese Italia.
Negli gli USA il contributo pubblico dato all’industria della difesa ha di fatto impoverito le capacità produttive, aumentato il deficit del bilancio federale e centralizzato il potere decisionale nelle mani di manager privati e statali. e non è un caso che ai corpi militari statunitensi si permetta di ridurre il numero dei velivoli ordinati mentre si esercita pressione sui partner per mantenere nei tempi l’acquisto. In questo modo i primi aerei - meno maturi e ancora imperfetti sia tecnologicamente che dal punto di vista avionico - finiranno nelle mani degli alleati e solo quelli completi e non più da ri-aggiornare entreranno nei quadri di Marina, Aviazione ed Esercito USA.