Dire no agli F-35 è un modo di difendere lavoro e famiglie

NELLE SETTIMANE SCORSE 158 DEPUTATI DI M5S, SEL E PD 18 SENATORI DEL PD E ALTRI SENATORI DI SEL HANNO PRESENTATO DELLE MOZIONI PER CHIEDERE di fermare la partecipazione italiana al programma di acquisizione e costruzione dei cacciabombardieri F35.
Felice Casson* e Giulio Marcon** (* Senatore PD - ** Deputato SEL)
Fonte: L'Unità - 20 giugno 2013

Caccia al caccia! No al cacciabombardiere F-35! La vicenda è nota. Ridotti dal precedente governo da 131 a 90, i cacciabombardieri F35 rappresentano una spesa esorbitante (quattordici miliardi di euro) e una scelta discutibile per le caratteristiche dell'aereo: adatto per funzioni di attacco in teatri di guerra e abile a trasportare testate nucleari l'F35 sembra assai poco coerente con una politica estera e della difesa che dovrebbe perseguire obiettivi di pace, cooperazione e prevenzione dei conflitti.

Già alcuni Paesi (Canada, Norvegia, Olanda) si sono ritirati dal programma e il Gao (Governmental Accountability Office), una sorta di Corte dei Conti americana, ha sollevato pesanti rilievi sull'anomalia della lievitazione dei costi di questo sistema d'arma. Inoltre diversi organi di informazione (dal Guardian al New York Times) nonché alcuni istituti di ricerca hanno evidenziato tutti i problemi tecnici ed operativi del velivolo. Nel corso degli ultimi mesi dubbi e perplessità sono state sollevati anche in ambito militare.
Gli effetti occupazionali del programma, sono per l'Italia, assai modesti e con le stesse risorse (investendole in opere pubbliche e in politiche per l'occupazione) si potrebbero creare moltissimi posti di lavoro in più.

In questi anni le associazioni e le campagne (tra cui la Tavola della pace, la campagna Sbilanciamoci e la rete Disarmo) hanno promosso mobilitazioni importanti raccogliendo anche ottantamila firme per chiedere lo stop agli F35 e la stessa Cgil ha chiesto al governo di rivedere questa scelta e di destinare le risorse risparmiate al lavoro e alle misure contro la crisi.
Inoltre in questi giorni un appello di importanti personalità (da don Luigi Ciotti a Roberto Saviano, da Gad Lerner a Umberto Veronesi) ha chiesto ai parlamentari di votare le mozioni che chiedono di fermare la partecipazione italiana al programma degli F35.
Si tratta di raccogliere queste spinte e queste richieste.

I più importanti leader di centro-sinistra (Bersani, Renzi e Vendola) e di centro-destra (Berlusconi) durante l'ultima campagna elettorale hanno usato parole chiare per auspicare un cambiamento delle scelte relative alla spesa per gli F35, mettendo al centro altre priorità: il lavoro, il rilancio dell'economia, l'aiuto delle famiglie.
Si tratta di dare seguito a quegli intendimenti, ribadendo oggi che quei 14 miliardi previsti nei prossimi anni per gli F35 possono essere investiti in ben altro modo: dando corpo ad un «piano di lavoro» sul quale in questi mesi la Cgil ha avanzato proposte concrete e specifiche; promuovendo un programma di «piccole opere», dalla messa in sicurezza delle scuole al riassetto idrogeologico; investendo nell'istruzione, nel welfare, nel sostegno alle imprese.

F35 critical area Il voto favorevole alle mozioni presentate alla Camera e al Senato di cui siamo i primi firmatari è un modo per fare una scelta responsabile, dalla parte del lavoro, delle famiglie, delle imprese. Gli F35 non sono uno «strumento di pace», ma un pericoloso sistema d'arma per fare la guerra. E i soldi che spendiamo per questo cacciabombardiere sono un lusso che non ci possiamo permettere. Mentre ci dobbiamo permettere che quelle risorse oltre che per un modello di difesa sufficiente e rispettoso della Costituzione e della Carta delle Nazioni Unite servano a far uscire il Paese dalla crisi, a dare ossigeno al nostro sistema economico, combattere la disoccupazione e a costruire un'economia di pace di cui il nostro Paese ha urgentemente bisogno.