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Centinaia di ordigni della seconda guerra mondiale lasciati senza sorveglianza in un deposito dell'esercito a Procoio Nuovo

Bombe incustodite alle porte di Roma

Dopo l'abolizione della leva la vigilanza delle basi era stata' affidata a ditte private. E quest'area è da bonificare
Stefano Mannucci
Fonte: Il Tempo - 23 settembre 2004

ROMA - Mine antiuorno con la spoletta innestata, colpi di mortaio, bombe a mano. Centinaia di ordigni pronti all'uso: giacciono abbandonati in un deposito militare alle porte di Roma, tra la via Flaminia e la Tiberina.
Sono residuati bellici della seconda guerra mondiale, corrosi dal tempo, con il tritolo e l'arnatolo fuoriusciti dalle testate, e proprio per questo ancora più pericolosi: secondo gli esperti sarebbero sufficienti per realizzare un attentato di media portata. Con buona pace delle misure di sicurezza necessarie per proteggere non solo il prezioso munizionamento dell'Esercito italiano, ma anche l'incolumità di quanti decidessero di avventurarsi all'interno di quei 20 ettari recintali dalle Forze Armate - ma incustoditi - a Procoio Nuovo, vicino al cimitero di Prima Porta. In una zona di interesse storico e archeologico, e inclusa nel progetto di dismissione della Difesa. Così, attorno ai quei campi minati rischiano di sorgere agriturismi o insediamenti residenziali. Con quelle armi a totale disposizione di malviventi e potenziali terroristi, e comunque micidiali per adolescenti a caccia di avventure.
La storia della struttura di Procoio Nuovo è al centro di un reportage di Rainews 24, in onda stamani alle 7 e 47. Con le telecamere entrate indisturbate nel perimetro dove ancora, beffardamente, spicca un cartello di avvertimento per la "sorveglianza armata", ma dove nessuno (e il servizio è stato girato da Sigfrido Ranucci proprio I'11 settembre...) ha impartito l'altolà alla troupe del canale satellitare. Perché quei magazzini fatiscenti sono stati utilizzati fino ai 2000 dall'Esercito Italiano per accumulare munizioni, sotto il controllo dell'8° Centro Rifornimenti e Manutenzione. E poi lasciati sguarniti.
A Procoio gli ultimi ospiti erano stati i tedeschi, che dopo aver ricostruito fortificazioni e ingrottamenti, avevano fatto saltare tutto durante la ritirata del 1944, rendendo così particolarmente complessa la bonifica del sottosuolo e nei camminamenti, tuttora in corso. Ora, per entrare nelle casupole e fare provvista di armi basta vincere la resistenza di qualche lucchetto arrugginito.
Uno scenario a dir poco sorprendente, viste le ripetute rassicurazioni sulla sorveglianza degli ovbiettivi a rischio da parte dei ministeri di Interno e Difesa. Nel gennaio 2003 «Il Tempo» pubblicò un'inchiesta sulla sorveglianza delle strutture militari in Italia, che dopo l'abolizione del servizio di leva era stata affidata - «per un periodo limitato», garantì il ministro Martino - a ditte di vigilanza privata. Attraverso appalti, e per una spesa annua di più di 8 milioni di euro solo per Nord e Centro Italia. Come se non bastasse, i responsabili dei depositi lamentavano con i vertici la scarsa efficacia di quei controlli di vigilantes, effettuati con ronde periodiche e ton armamenti inadeguati a sostenere un attacco. Ora, addirittura, si scopre che nel momento delle più gravi minacce del terrorismo interno e dì quello integralista, nessuno è chiamato a frenare lo, «shopping» selvaggio di materiale bellico a due passi dalla Capitale. Nota il maresciallo Domenico Leggiero, uno dei responsabili dell'Osservatorio Militare: «Il problema potrebbe essere risolto con la riconversione, dei diecimila dipendenti civili in esubero alla Difesa. O creando strutture professionali ad hoc tra i militari, destinate alla vigilanza». E alla sicurezza di tutti.

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