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Rapporto di Amnesty International: le esportazioni di armi dell’Unione Europea minacciano la sicurezza globale

Fonte: Amnesty International - 14 maggio 2004

controlli sulle esportazioni di armi dall’Unione europea allargata risultano pericolosamente inefficaci: per Amnesty International occorrono regole nuove e rigorose per proteggere i diritti umani e salvaguardare la sicurezza.

Le armi, gli equipaggiamenti e le forniture di sicurezza da parte dell’Unione europea stanno contribuendo al verificarsi di gravi violazioni dei diritti umani e il rischio di ulteriori abusi è enorme. I principali esportatori di armi all’interno dell’Unione europea - Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia e Svezia – raggiungono da soli un terzo del commercio mondiale. Con l’ingresso dei nuovi dieci Stati membri, all’interno dell’Unione europea si trovano ora 440 aziende produttrici di armi leggere in 23 paesi, quasi quante operano negli Stati Uniti d’America.

In un rapporto reso noto oggi, “La minaccia alla sicurezza globale: le esportazioni di armi dell’Unione europea”, Amnesty International mette in luce le gravi carenze presenti nei meccanismi di controllo, con particolare riferimento al Codice di condotta sulle esportazioni di armi del 1998.

Il rapporto chiede un rafforzamento e un allargamento del Codice, onde impedire l’irresponsabile esportazione di armi in surplus, componenti ed equipaggiamenti di sicurezza usati per la repressione, la produzione di materiali affidata su licenza a paesi terzi, l’intermediazione e il trasporto di armi.

“All’Unione europea allargata si presenta oggi una nuova occasione per diventare un sostenitore più coerente ed efficace di un cambio positivo di direzione. Ma, prima di guardare all’esterno, occorre mettere ordine in casa propria” – sostiene Amnesty International.

Il rapporto di Amnesty identifica una serie di importanti carenze, omissioni e scappatoie negli attuali controlli sulle esportazioni di armi dell’Unione europea, tra cui:

- Italia: il coinvolgimento della Fiat Iveco nella produzione di veicoli usati come camere mobili di esecuzione in Cina;
- Gran Bretagna: nonostante l’embargo europeo sulle armi destinate alla Cina, l’esportazione verso questo paese di componenti dei motori di aerei militari;
- Olanda: il mancato controllo dell’ampio “commercio in transito”, che consente ad esempio l’esportazione di veicoli corazzati verso Israele, nonostante questi siano usati contro la popolazione civile;
- Polonia e Repubblica Ceca: il trasferimento di armi in surplus verso paesi, tra cui lo Yemen, che notoriamente le inoltrano alla effettiva destinazione finale;
- Spagna: l’annuncio della fornitura alla Colombia di equipaggiamento e addestramento militare, nonché di sistemi di sorveglianza satellitare, nonostante le responsabilità del governo colombiano nella sempre più disastrosa situazione dei diritti umani;
- Germania: la fornitura al Turkmenistan di materiali per la sorveglianza, nonostante sia noto che le autorità di questo paese se ne servono a scopo di repressione politica;
- Francia: il trasferimento in Nepal di elicotteri e componenti vari, prodotti sotto licenza in India, materiali utilizzati dall’esercito nepalese per colpire e uccidere i civili.

L’Unione europea si è impegnata, quest’anno, a riesaminare completamente il Codice di condotta sulle esportazioni di armi. Il processo di revisione si conclude oggi con una riunione del Coarm, il Comitato sul controllo delle armi.

Amnesty International teme che la revisione non sarà sufficientemente ampia per correggere le lacune che oggi sono causa di abusi dei diritti umani. L’organizzazione chiede all’Unione europea di promuovere l’adozione di un trattato mondiale, legalmente vincolante, sul commercio delle armi per rafforzare un rinnovato e più efficace Codice di condotta europeo.

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