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Pace, guerra e valori non negoziabili

Intervista con il coordinatore nazionale di Pax Christi, don Nandino Capovilla. Una riflessione a tutto campo che parte dalla recente guerra in Libia e dall'incontro di Todi
Carlo Cefaloni
Fonte: Città Nuova - 01 novembre 2011

Scorre continuamente in tv il video della cattura e uccisione del colonnello Gheddafi in Libia. Le immagini non possono che provocare turbamento e sono parte di quella “strana guerra ” a proposito della quale Città Nuova ha espresso, fin da subito, esplicite perplessità. Un conflitto, quello libico, percepito come un fallimento del movimento per la pace di fronte alla determinazione dimostrata,invece, dai sistematici bombardamenti concordati dai governanti dell’alleanza atlantica.
Sembra perciò opportuno, dopo l’incontro di molti esponenti cattolici a Todi, affrontare il tema della pace e i valori non negoziabili con don Nandino Capovilla, coordinatore nazionale di Pax Christi «un movimento e una rete globale cattolica per la pace» che oggi conta 100 organizzazioni membri in tutto il mondo e fondato in Europa nel 1945 per la ricon Pace, vuerra ciliazione tra Francia e Germania dopo la seconda guerra mondiale.  Don Nandino è attivo, in Israele e Palestina, come referente della campagna “Ponti e non muri”, sostenuta da Pax Christi International per promuovere la pace in Terrasanta. 
 
Nel recente incontro di Todi è emersa la percezione di quella «metamorfosi antropologica» che nega la vita umana, con la conseguente individuazione di alcuni beni (principio e fine vita, matrimonio, libertà religiosa ed educativa) definiti primari e perciò non negoziabili. Secondo Pax Christi come si pone la pace, e quindi la lotta agli armamenti, in questo contesto ?

«Abbiamo visto come un segnale importante questo incontro di Todi perché è quanto mai necessario l’impegno dei cristiani in politica. Una urgenza che condividiamo proprio per dare un segnale alla capacità dei laici di esprimere la responsabilità comune verso le tante necessità del nostro tempo. D’altra parte segnali eloquenti non mancano, si pensi alla straordinaria mobilitazione di tanti cattolici per il referendum sull’acqua pubblica. Un impegno che segna una novità assoluta di un cammino possibile, assieme a tanti uomini e donne di buona volontà, nella difesa dei beni comuni, premessa e base per costruire il bene comune. I beni primari e sorgivi come vita, matrimonio e libertà educativa non sono limitativi ma rafforzano il richiamo evangelico sulla grande dignità di ogni essere umano, senza nessuna esclusione».
 
Questo,in concreto, cosa vuol dire ?

«Che per esempio non può essere negoziabile quella forte richiesta, radicalmente cristiana, di uguaglianza. Non possiamo non sentire questo grido che proviene dal’emergenza del lavoro, dalle migrazioni, dei giovani. Questo crediamo che sia al cuore della Chiesa italiana e non certo utilizzare i valori come nuovo instrumetum regni, cioè in modo strumentale per fini di potere. Ci sembra, perciò, riduttiva la lettura e le analisi offerte da certi mezzi di informazione che vedono tutto secondo le lenti della ricerca di strategie di intervento diretto dei vertici ecclesiastici nei rapporti diretti con i leader politici. Non si tratta di cercare ossequi formali.
 
Ci troviamo invece in una fase drammatica del nostro Paese in cui ai cristiani è richiesta una grande dedizione nel saper tradurre il rispetto della vita, in senso pieno, in azioni e politiche concrete. E bisogna dire che, dovendo usare le parole in senso coerente, è proprio l’arte e la fatica della politica, il dover cercare la mediazione, cioè la negoziazione continua in ambienti difficili e controversi. L’incontro di Todi, dunque, va visto con molto interesse per ristabilire la priorità per i laici dell’impegno diretto nella vita della nazione, che non è compito dei vescovi e dei sacerdoti».
 
Cosa è mancato finora ?

«Sono vari i motivi. Un certo protagonismo dei presuli probabilmente è stato dettato dalla necessità. Sicuramente c’è stata una carenza di formazione nelle nostre comunità ecclesiali. Di tante scuole di formazione politica che non sono mai partite e che sarebbero state necessarie per comprendere come i valori, dalla vita al lavoro e la pace, si reggano assieme. È proprio la stessa passione per il bene comune che non dovrebbe far chiudere la bocca nel denunciare la partecipazione ad azioni di guerra e alla produzione di armamenti che non conducono, come erroneamente si lascia credere, alla pace».

Note: Articolo al link http://www.cittanuova.it/contenuto.php?TipoContenuto=web&idContenuto=331129
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