ControllArmi

ControllArmi

RSS logo

Libia, arsenale in svendita

Via al traffico illegale delle armi di Gheddafi.
Barbara Ciolli
Fonte: Lettera43 - 25 agosto 2011

A fare outing sono stati gli stessi ribelli, prima dell'assalto a Tripoli: «Abbiamo espugnato una delle caserme delle divisioni di Gheddafi, alle porte della capitale, facendo incetta di armi».
Mitragliatrici, munizioni, pick up, ma anche decine di missili portatili antiaerei, accatastati nei numerosi depositi del raìs. Un tesoro, o parte del tesoro, al quale i servizi segreti degli alleati davano la caccia da mesi.
LE ARMI NEL DESERTO. Che le distese sabbiose alle spalle delle città costiere della Libia nascondano veri e propri arsenali di guerra, accumulati in 40 anni di opachi traffici del Colonnello, è il segreto di Pulcinella. La massima preoccupazione degli occidentali è proprio impedire che, nel degradato clima da Far west degli ultimi mesi, attorno a questi depositi si crei un formicaio di traffici illeciti.
Merce svenduta dai lealisti di Gheddafi ai dittatori amici africani, attraverso gli intermediari dei mercenari di colore. Ma anche dai ribelli a gruppi terroristici stranieri o alla criminalità organizzata, in cambio di preziosa liquidità.
LE BOMBE SPORCHE DEL RAÌS. Nelle mire dei mercanti potrebbero finire anche gli arsenali di armi chimiche come il micidiale gas mostarda, che Gheddafi non ha mai fatto mistero di conservare, o le scorie radiottive e di uranio arricchito stoccate in alcuni centri di ricerca, anche alla periferia di Tripoli.
Rifiuti atomici con cui gli esperti nucleari americani temono possano essere confezionate anche bombe sporche.

Benvenuti nel Far west del deserto

I primi a lanciare l'allarme del proliferare dei traffici di armamenti in Libia sono stati, nel marzo scorso, gli analisti della Cia, dopo aver visto le immagini dei ribelli mentre assaltavano un vecchio deposito del raìs.
I MISSILI A SPALLA SOVIETICI. Oltre a fare razzia di lanciarazzi Rpg, mitragliatori di vario tipo e persino un paio di carri armati, gli insorti si passavano di mano in mano missili a spalla Sa7: un tipo di testata di fabbricazione sovietica che, per quanto datata, può essere facilmente usata per colpire aerei civili privi di protezione e ancora del valore di alcune migliaia di euro a pezzo.
Il timore degli osservatori internazionali è che questo tipo di missile, «oltre che a Stati africani come il Ciad e e il Sudan, possa essere rivenduto ai gruppi terroristici palestinesi», ha paventato l'indipendente e autorevole Peace Research Institute di Olso.
IL CANALE CON IL SINAI. Questi allarmi sono più che fondati perché, in passato, traffici del genere si sono già svolti. La paura è che, con parte del territorio ormai in regime di anarchia, un simile mercanteggiare non possa che intensificarsi.
Anche indiscrezioni da fonti dell'intelligence israeliana hanno confermato che, nel 2011, il flusso illegale di armi, per lo più di missili, diretto dal Sinai verso la Striscia di Gaza è aumentato, continuando a partire dalla Libia.
Armi che, almeno in parte, finerebbero in Egitto non attraverso i confini terresti, ma dall'Iran, grazie a una triangolazione con il Sudan.

I missili Sa7 Manpad rivenduti ai terroristi stranieri

Alcuni scatti diffusi dal New York Times hanno inoltre mostrato l'impiego di un tipo di missili Sa-7b, evoluzione dei Sa7 di prima generazione, ancora più agevole da usare e trasportare.
Alla fine di giugno, in una perquisizione successiva a una razzia dei ribelli in un deposito di armi nella città di Ga'a, sono state rinvenute anche 43 casse di missili Sa-7s.
UN ARSENALE DI 20 MILA MISSILI. Di questa'ulteriore evoluzione e di tutti i modelli Sa7 sovietici, conosciuti anche come missili Manpad (Man portable air defence systems), è stato stimato dagli 007 che, in quattro decenni al potere, Gheddafi sia arrivato ad accumulare circa 20 mila pezzi.
Non a caso, subito dopo l'esplosione della guerra in Libia, il Dipartimento di Stato americano ha ingaggiato decine di esperti di bonifiche inglesi e svizzeri, sborsando per loro un milione di euro, perché trovassero e distruggessero tutto il materiale bellico in circolazione, prima che fosse troppo tardi.
AEREI CIVILI COME TARGET. Dal 2000 a oggi, infatti, sono stati una dozzina gli aerei cargo e civili abbattuti in Asia e in Africa dai Manpad, lanciati dai terroristi. Ed è stato lo stesso Gheddafi ad agitare a più riprese lo spettro dei missili contro gli attacchi della Nato, facendo scagliare un missile antiaereo anche contro una nave della marina militare. E, un paio di giorni dopo, altri 20 missili contro un cacciatorpediniere inglese.
Con l'avanzata dei ribelli a Tripoli, il Colonnello ha risfoderato persino i vecchi Scud lanciati contro Lampedusa, dirigendoli, stavolta, verso la città di Brega.

La minaccia delle armi nucleari

L'ultima frontiera per i contrabbandieri del mercato nero, però, starebbe in un discreto potenziale di materiale letale chimico e radioattivo, ancora sparso sul territorio libico.
In primis, l’ormai ex Jamaharija del raìs sarebbe disseminata di almeno 10 tonnellate di iprite, o gas mostarda, impiegata dal Colonnello durante la guerra in Ciad del 1987: «Un'arma terribile», che Gheddafi ha giurato di «non voler mai usare, neppure contro i peggior nemici».
LE TONNELLATE DI IPRITE. Con la  rinuncia, nel 2003, dei suoi programmi per le armi di distruzione di massa, il Colonnello aveva accettato la distruzione di 25 tonnellate di iprite e delle circa 3.300 testate nucleari.
Ma le ultime tonnellate di questo gas asfissiante e ustionante, impiegato già dai tedeschi in Belgio durante la Prima guerra mondiale, sarebbero dovute essere dismesse, sotto la supervisione degli osservatori internazionali, nel maggio 2011.
LE BOMBE SPORCHE NUCLEARI. E si capisce bene perché il Colonnello non l’abbia più fatto. Secondo un’inchiesta dell’agenzia Reuters, però, l’allarme più grande consisterebbe nelle “bombe sporche”, confezionate con i consistenti rifiuti nucleari custoditi nel Paese e abbandonati dopo la rinuncia alle armi atomiche.
Nel centro di ricerca della Tajura, un quartiere orientale nella periferia di Tripoli, per esempio, si troverebbero ancora «grandi quantitativi di isotopi radioattivi, scarti nucleari e dell'uranio arricchito anni fa».
Se cucinati da abili mani, potrebbero servire da composto per nuovi ordigni. O comunque essere oggetto di improvvidi saccheggi.

Note: Articolo al link http://www.lettera43.it/attualita/24246/libia-arsenale-in-svendita.htm
.