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Armi leggere: l'Italia è seconda, le produce e le vende

Presentato il Rapporto Archivio Disarmo di cui VITA aveva dato un'anticipazione nello scorso numero del settimanale in edicola fino a domani. Ora occhi puntati su New York
Fonte: Vita.it - 27 giugno 2006


In base ai dati ufficiali l'Italia è, dopo gli Stati Uniti, il secondo esportatore mondiale di “piccole” armi. Il Rapporto 2006 curato dall'Istituto di Ricerche Internazionali ARCHIVIO DISARMO, e presentato oggi a Roma, dedicato alle esportazioni italiane di armi di piccolo calibro (fucili, pistole, munizioni ed esplosivi), evidenzia una crescita pari al 22,6% nel biennio 2004-2005, rispetto al biennio precedente. I trasferimenti, che nel 2004 erano di 358 milioni, nel 2005 hanno raggiunto la cifra record di 410 milioni di euro.

Alla presentazione, organizzata in occasione della Conferenza Onu sul commercio delle Armi a New York che si svolge in questi giorni, erano presenti: Massimo Paolicelli, Rete Italiana per il Disarmo, moderatore; Adriano Labbucci, Presidente del Consiglio provinciale, saluto a nome della Provincia di Roma; Riccardo Troisi, Rete Lilliput; Fabrizio Battistelli, Archivio Disarmo; Daniela Carboni, Amnesty Italia; Sauro Scarpelli, Amnesty International, in collegamento telefonico da New York e Alex Zanotelli.

Dai dati emerge che nel 2004-2005 l'Italia ha esportato armi da fuoco non soltanto (per circa quattro/quinti) nel mondo industrializzato ma anche (per il restante quinto) verso aree che sono teatri di guerra e di conflittualità interna, compresi alcuni paesi accusati dalle Nazioni Unite e dall'Unione Europea, oltre che da organizzazioni indipendenti come Amnesty International, di violazioni dei diritti umani, nonché verso paesi sottoposti a embargo.

Parte di questa situazione è imputabile alle carenze della normativa italiana. Da un lato, infatti, la legge 185/1990 stabilisce precisi criteri e divieti per le esportazione di armi militari. Dall'altro, invece, le “piccole” armi a uso civile – pistole, revolver, fucili, carabine e relative munizioni, nonché gli esplosivi – sono sottoposte alla insufficiente normativa della Legge 110 del 1975 in aggiornamento del Testo Unico di Pubblica Sicurezza del 1931. Ciò implica gravi lacune e assenza di trasparenza, causate dalla preoccupazione di garantire la riservatezza commerciale delle imprese.

Tra le numerose situazioni degne di nota che emergono dal Rapporto, ne segnaliamo alcune a titolo di esempio. In Colombia l'Italia ha esportato nel quinquennio 2001-2005 poco meno di 1 milione e 600 mila euro di armi da fuoco e munizioni; ciò malgrado il conflitto strutturale che caratterizza la repubblica latinoamericana. Allarmano, in particolare, le esecuzioni extragiudiziali perpetrate dalle forze di sicurezza e le uccisione di civili da parte di gruppi sia “rivoluzionari” sia paramilitari. In una situazione di destabilizzazione permanente le armi di piccolo calibro sono i mezzi privilegiati delle uccisioni e delle violazioni dei diritti umani.

Da notare anche il caso del Congo Brazzaville, repubblica nella zona africana dei Grandi Laghi, che nell'ultimo quinquennio ha acquistato dall'Italia armi e munizioni per quasi 6 milioni e 500 mila euro: una cifra elevata per un piccolo stato, tanto da far pensare che una parte significativa di queste armi siano transitate nelle vicine zone di conflitto, a cominciare dalla Repubblica democratica del Congo, travagliata da una sanguinosa guerra civile. Così come non può non far pensare a un ruolo di intermediario, verso mercati che si preferisce non rivelare, l'intensa attività di acquisiti di armi dall'Italia (oltre 5 milioni e 500 mila euro nel periodo 2001-2005) da parte di un altro stato di limitate dimensioni come Singapore.

La conclusione del Rapporto di Archivio Disarmo è che l'Italia, nei confronti di una materia così delicata deve assumersi maggiori responsabilità. E' urgente rafforzare i meccanismi di controllo, adottare maggiore trasparenza e prevedere il coinvolgimento di Governo e Parlamento nelle procedure di autorizzazione, così come avviene per le armi ad uso militare. Inoltre, dopo il caso eclatante portato alla luce dall'Espresso delle pistole Beretta “92S” esportate verso il Regno Unito e finite in Iraq nelle mani della guerriglia, è necessario rafforzare le misure contro le triangolazioni. E' urgente, a questo scopo, colmare la lacuna nella giurisdizione italiana che impedisce che siano punibili i mediatori internazionali di armi da fuoco, anche se le esportazioni sono operate in violazione di embarghi, in particolare nel caso in cui i mediatori siano cittadini stranieri e le armi non attraversino il suolo italiano.

L'intermediazione di armi, infatti, di norma avviene attraverso paesi terzi e la transazione ha luogo in un territorio dove le armi non entreranno mai.
Per raggiungere questi obiettivi, l'Italia può svolgere a livello internazionale un ruolo importante. In quest'ottica è fondamentale che la Conferenza ONU sulle armi leggere, attualmente in corso a New York, rafforzi gli obiettivi del Piano d'azione, adottato 5 anni fa e avvii i lavori per un Trattato Internazionale sui Trasferimenti di Armi. Su tutto questo, in occasione del Premio Archivio Disarmo per la pace – Colombe d'oro, che si terrà a Roma il 3 luglio, Rita Levi Montalcini, Presidente della giuria, lancerà un appello a Kofi Annan.

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