Commessa per gli aerei F-35 Lascio? No, raddoppio il costo

Daniele Martini
Fonte: Il Fatto Quotidiano - 18 ottobre 2012

Se la guerra è un affare troppo serio per essere affidato ai generali, così come recita un famoso detto, a maggior ragione l’acquisto delle armi non può essere lasciato esclusivamente nelle mani degli alti ufficiali. Invece in Italia l’impressione è che siano proprio i militari a dare le carte con gli F35, i velivoli della Lockheed Martin più cari di tutta la storia dell’aviazione. Rilasciando dati con il contagocce e giocando spesso a nascondino con il Parlamento, gli alti comandi dello Stato maggiore e il ministro Giampaolo Di Paola si comportano come se ritenessero la gigantesca partita un affare loro.   Caccia dello spreco F35     

PER ESEMPIO, dopo mesi di polemiche sul costo di ogni singolo aereo, si viene a sapere quasi per caso da un’autorevole fonte militare che il prezzo ufficiale esibito fino ad ora dagli esponenti della Difesa non è quello giusto. A febbraio il segretario generale della Difesa, generale Claudio Debertolis, l’ufficiale più alto in grado per gli acquisti, fornì ai deputati della commissione della Camera la cifra di circa 80 milioni di dollari (un po’ più di 60 milioni di euro) per ogni esemplare di F35. Oggi lo stesso Debertolis in un’intervista rilasciata ad una pubblicazione che circola solo tra gli addetti ai lavori, il magazine   Analisi-Difesa, fornisce cifre diverse e più alte. Sostiene che i cacciabombardieri F35 destinati all’Aeronautica e alla Marina italiane costeranno 127,3 milioni di dollari (circa 100 milioni di euro) per la versione A convenzionale e 137,1 milioni di dollari (circa 106 milioni di euro) per la versione B a decollo corto e atterraggio verticale (Stovl) destinata alla portaerei Cavour. Insomma circa il 60% in più. Tra la prima e la seconda versione ballano una quarantina di milioni di euro che moltiplicati per 90, che è il numero di F35 che il ministro vorrebbe comprare, comportano un incremento ufficiale di spesa di circa 3 miliardi e mezzo. In totale fa circa 10 miliardi,   cifra destinata a salire nella realtà fino a 12 e oltre considerando che su ogni velivolo saranno piazzati strumenti e dotazioni suppletive elettroniche molto costose.   

Non è finita perché nella stessa intervista l’alto ufficiale corregge un altro dato finora usato a iosa dai fautori del programma F35, e cioè quello relativo alle ricadute economiche positive sulle imprese italiane, in particolare Alenia-Finmeccanica che dovrebbe costruire le ali del costoso aereo nello stabilimento Faco dell’aeroporto di Cameri e poi gestire la manutenzione a livello europeo. Anche a questo proposito il generale si lascia andare ad un’operazione verità sostenendo che sul “rientro dell’investimento c’è della sofferenza perché non c’è nulla di garantito”. Tutto ciò si aggiunge ad un’altra decisione clamorosa risalente ormai a qualche mese fa, relativa al numero di aerei da acquistare. Dopo aver sostenuto a spada tratta che i velivoli necessari per le esigenze italiane erano 130, il ministro fece una parziale marcia indietro sull’onda delle proteste riducendo la commessa a 90 aerei. Una decisione senza dubbio positiva dal punto di vista di chi si oppone al programma, ma che implicitamente dimostra quanto spannometrico sia l’approccio riservato alla faccenda.   

Di fronte a questi atteggiamenti ondivaghi, Francesco Vignarca, autore di Armi un affare di Stato (editore Chiarelettere) e coordinatore di Rete Disarmo, chiede “un confronto diretto con il governo per una riflessione sulle spese militari”. Il vicepresidente di Archivio Disarmo, Maurizio Simoncelli, ricorda che la confusione sulla spesa per gli aerei è purtroppo un rodato trucco italiano, già usato in passato con Tornado e Eurofighter.

 

Fatto articolo F35